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Un’isola felice. Nell’acuirsi del divario tra le cosiddette “due Italie” fotografate da studi e osservatori, la Basilicata si differenzia dalle altre regioni meridionali e segna degli indicatori di eccellenza. In un dettagliato articolo di Paolo Baroni sulla Stampa si analizza il tasso della disoccupazione regione per regione in base a una ricerca dell’Ufficio studi della Confartigianato che ha incrociato gli ultimi dati Istat ed Eurostat. «Dal 2012 – si legge sul quotidiano torinese – il divario Nord/Sud non ha fatto che aggravarsi: in particolare tra il 2008 e il 2012 si è registrato un calo dell’occupazione in entrambe le aree del Paese. Nel complesso due cicli ravvicinati di recessione hanno ridotto gli occupati nel Mezzogiorno di 520.000 unità (-8,2%), oltre due volte e mezzo il calo di 193.000 unità (-1,2%) registrato nel Centro Nord. Il 2014 ha comunque fatto segnare un miglioramento generalizzato: il Centro Nord ha invertito il segno passando dal -0,6% del 2013 a +0,7% e il Mezzogiorno è passato da -4 a -1 per cento. La crescita più intensa si è registrata nel Lazio (+3,4%), quindi in Basilicata e il Molise (+2,1) e nelle Marche (+1,6). All’opposto le maggiori criticità hanno riguardato Abruzzo (-2), Puglia (-1,3) e Campania (-1,2%)». In particolare, Puglia, Campania, Sicilia e Calabria restano abbondantemente sopra la quota drammatica del 20% di senza lavoro, e anzi nel 2014 il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno è salito in media di un altro punto: +0,3 in Campania, +1,2 in Sicilia e Calabria e addirittura +1,7 in Puglia. Confartigianato registra poi condizioni del mercato del lavoro peggiori di quelle della Grecia a Crotone (disoccupazione al 27,2%) e Cosenza (27,8%).
Repubblica si accoda al “sentimento” di rinascita con un reportage che, tra alti e bassi, disegna un Paese promosso a sorpresa in sanità e scuola (ma non università) e bocciato alle voci corruzione, obesità, libertà di stampa e tolleranza all’immigrazione.
Il Corriere della Sera pubblica un sondaggio di Nando Pagnoncelli secondo cui il peso percepito delle tasse è salito per 4 italiani su 5, mentre il 51% è favorevole ai risparmi nel pubblico impiego e uno su due preferirebbe una minore pressione fiscale (e pagare i servizi pubblici). (euf)

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