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Un italiano su 4 è a rischio povertà o esclusione sociale: il 24,7% della popolazione, più o meno 15 milioni. Lo rivela l’Istat nel rapporto annuale diffuso oggi, secondo cui si tratta di un «valore superiore alla media Ue (23,1%)». In particolare, le persone più a rischio sono gli anziani soli e le famiglie più numerose, soprattutto quelle che vivono nel Mezzogiorno, che si conferma l’area più depressa della penisola. «Nelle regioni meridionali, dove risiede circa un terzo della popolazione nazionale – si legge nel focus – vive il 57 per cento delle persone a rischio di povertà o esclusione (in almeno una condizione di disagio) e il 77% di quelle con tutti e tre i sintomi (rispettivamente 8,5 milioni e 469mila individui)».
Secondo l’Istat «è possibile distinguere alcuni sottogruppi che si differenziano per tipo e gravità della condizione osservata: il rischio di povertà è il sintomo più diffuso e, nella maggior parte dei casi (12,5% della popolazione, corrispondente a 7,5 milioni di persone), non si associa a nessuno degli altri due. È contenuta in termini relativi la diffusione del solo sintomo di grave deprivazione (2,9%, ovvero 1,7 milioni di persone) o del solo sintomo di intensità lavorativa molto bassa (3%; 1,8 milioni)». Solo l’uno per cento della popolazione residente (circa 611mila individui) vive in una famiglia contemporaneamente a rischio di povertà, deprivata e a intensità di lavoro molto bassa.
Una situazione allarmante riguarda i giovani italiani, che non lavorano e non studiano, e sono soprattutto donne. La situazione più critica è sempre nel Mezzogiorno dove però aumenta sempre più la quota tra diplomati e stranieri. È l’esercito dei ‘Neet’ (Not in education, employment or training): nel 2010 sono poco oltre 2,1 milioni, 134 mila in più rispetto a un anno prima (+6,8%), i giovani fra i 15 e i 29 anni che non hanno un lavoro e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione.
Secondo la fotografia scattata dal Rapporto Istat 2010 rappresentano il 22,1% della popolazione nella stessa fascia di età (20,5 nel 2009). Nonostante l’incidenza del fenomeno continui a essere più diffusa tra le donne (il 24,9%), tra i residenti del Sud (30,9%) e tra i giovani con al più la licenza media (23,4%), si legge nel rapporto, l’incremento dei Neet ha riguardato soprattutto i giovani del Nord-est (+20,8%), gli uomini (+9,3%) e i diplomati (+10,1%), ma anche gli stranieri. Nel 2010 sono 310 mila gli stranieri Neet, un terzo della popolazione tra i 15 e i 29 anni. Il 65,5% dei «Neet» è inattivo, anche se solo la metà non cerca un impiego e non è disponibile a lavorare.
I disoccupati rappresentano il 34,5% dei Neet; nel Mezzogiorno circa il 30% è disoccupato e il 45% è comunque interessato a lavorare. Tra i Neet, vive con almeno un genitore l’87,5% degli uomini e il 55,9% delle donne. Fra queste ultime, circa 450 mila sono partner in una coppia, con o senza figli e rappresentano il 38,3% delle Neet italiane. La condizione di Neet permane nel tempo: oltre la metà dei Neet resta tale per almeno due anni. D’altro canto, più si rimane fuori dal circuito formativo o lavorativo, tanto più è difficile rientrarvi.
Per quando riguarda invece il lavoro prosegue nel 2010 la flessione degli occupati 18-29enni (-182 mila unità) dopo la caduta particolarmente significativa del 2009 (-300 mila unità). In termini relativi, il calo dell’occupazione giovanile (-8,0 e -5,3%, rispettivamente nel 2009 e nel 2010) è stato circa cinque volte più elevato di quello complessivo.
Nel 2010, è occupato circa un giovane ogni due nel Nord, meno di tre ogni dieci nel Mezzogiorno. Più nel dettaglio il tasso di occupazione degli uomini 18-29enni è al 59,2% al Nord e al 35,7 nel Mezzogiorno, con il minimo del 30% in Campania e Calabria; quello delle giovani donne è al 47,2% al Nord e al 21,9 nel Mezzogiorno, mentre in Campania e Calabria si colloca intorno al 17%. Ogni 100 giovani atipici nel 2009, circa 16 erano occupati stabilmente dopo un anno (erano 26 tra il 2007 e il 2008). Il 60,1% dei giovani a distanza di un anno ha ancora un contratto a tempo determinato o un rapporto di collaborazione. Nel 2010 circa un milione di giovani aveva un lavoro temporaneo.

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