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LAMEZIA TERME – Due ergastoli e un’assoluzione. Questa la sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Catanzaro (presidente Giuseppe Neri) emessa contro i tre imputati dell’omocidio del giovane lametino Roberto Amendola, ucciso e bruciato nella sua auto il 13 novembre del 2008.  Dopo 7 ore di camera di consiglio i giuidici hanno emesso il verdetto di primo grado per l’efferato delitto per il quale il pm Elio Romano aveva chiesto tre ergastoli. Al carcere a vita sono stati condannati Aldo Notarianni e Domenico Giampà, assolto invece Aurelio Notarianni, fratello di Aldo. Secondo la ricostruzione delle fasi dell’omicidio, poco prima del delitto, Giampà avrebbe telefonato ad Amendola (il cui cellulare era intercettato) dicendogli di andarlo a prendere a casa perchè aveva trovato la persona che gli avrebbe venduto una pistola. Amendola in quei giorni era infatti era in cerca di una pistola. Questo i carabinieri lo avrebbero intuito alcuni giorni prima del delitto quando sentirono dire in auto (imbottita di “cimici” piazzate dai carabinieri che seguivano i movimenti della vittima per un’indagine per alcune rapine) ad Amendola che voleva comprarsi una pistola per rendersi “autonomo”. Quella sera il Gps sull’auto di Amendola avrebbe rilevato la Lancia Y nei pressi dell’abitazione di Giampà e poi in via dei Brutii, nei pressi dell’abitazione di Aurelio Notarianni. Giampà avrebbe teso un tranello ad Amendola per portarlo a casa di Aurelio Notarianni che avrebbe dovuto vendere la pistola alla vittima, poi rinvenuta all’interno dell’auto e usata dal sicario. Giunti in via dei Brutii, secondo le voci che i carabinieri ascoltarono, dall’abitazione di Aurelio Notarianni sarebbe sceso il fratello Aldo che si avvicinò all’auto di Amendola premendo il grilletto. L’auto fu poi data alle fiamme con all’interno il corpo della vittima in una stradina di campagna non molto distante dall’abitazione di Aurelio Notarianni.

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