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Un’operazione dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma è scattata all’alba per l’esecuzione di arresti, perquisizioni e sequestri nelle regioni Calabria, Lombardia, Emilia Romagna, Sicilia, Puglia e Lazio. Colpita una ramificata e agguerrita organizzazione criminale riconducibile alla ‘ndrangheta calabrese e responsabile dell’importazione di ingenti carichi di cocaina dal Sudamerica, approvvigionati direttamente dai cartelli colombiani produttori dello stupefacente.
Sono 30 le persone destinatarie di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP presso il Tribunale di Roma per associazione per delinquere e traffico internazionale di sostanze stupefacenti, e 2.200 i chili di cocaina sequestrati nei porti di Gioia Tauro e Livorno.
Il gruppo criminale introduceva la droga in Italia occultandola in container con merce legale, trasportati dal Sudamerica da navi mercantili per conto di ditte di import-export costituite ad hoc. Nel corso dell’indagine, in pochi mesi, i militari del Nucleo Investigativo di via in Selci hanno intercettato due container inviati dall’organizzazione criminale, sequestrando 2.200 kg di cocaina nei porti di Gioia Tauro e Livorno; altri 400 erano stati sequestrati dalla Polizia colombiana a Bogotà.

I particolari dell’operazione
La cocaina nelle lattine di ‘palmito’, nelle bambole di legno, nel materiale di imballaggio di pannelli e parquet in legno, nei telai in metallo di carrelli agricoli. Così il gruppo criminale smantellato oggi dai carabinieri di Roma e dai magistrati della Dda che, con trenta arresti (26 in carcere e 4 ai domiciliari), tentava di eludere i controlli.
Quaranta le perquisizioni in diverse città italiane e sequestri patrimoniali per un valore di 5 milioni di euro, hanno portato a termine l’operazione ‘Meta’, dal nome del distretto di una località colombiana dove partiva la droga. Più di 2600 kg di stupefacente, sequestrato in tre tranche tra il settembre 2010 e l’aprile 2011 tra Bogotà, Gioia Tauro e Livorno, erano diretti a foraggiare i mercati del nord d’Italia e d’Europa, fruttando almeno 500 milioni di euro.
I provvedimenti cautelari sono stati firmati dal gip Maurizio Caivano che però ha dichiarato l’incompetenza del tribunale di Roma ritenendo che del caso si debba occupare la procura di Reggio Calabria, in relazione al primo ritrovamento di cocaina (100 chili) avvenuto il 12 novembre 2010 nel porto di Gioia Tauro. Il gruppo finito in manette era rappresentato principalmente da calabresi e uno dei capi, Vincenzo Barbieri, 55enne affiliato al clan Mancuso di Limbadi, è stato assassinato nella provincia di Vibo Valentia lo scorso marzo da due killer che gli hanno esploso 24 colpi di arma da fuoco, benchè fosse un sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Bologna.
Lui e i suoi uomini operavano tramite un affiliato, Alessandro Pugliese, anch’egli calabrese, appositamente stabilitosi a Villa Vicencio (nel distretto di Meta) dove aveva messo su famiglia e gestiva un ristorante dal nome inequivocabile ‘La Calabrisella’. Toccava a Pugliese trattare la fornitura dei carichi di cocaina con la Bacrim colombiana (‘Bandas criminales emergentes al servicio del narcotrafficò).
Il sodalizio godeva di particolare credito presso il cartello colombiano, tanto da riuscire a ottenere più forniture di droga nel giro di pochi mesi nonostante i numerosi sequestri subiti.
Sono 15 i calabresi coinvolti nell’inchiesta. Si tratta di Francesco Giuseppe Bonavita; 65 anni di Briatico; Nicola Certo, 24 anni, di Rosarno; Antonio Della Rocca, 32 anni di Vibo, Antonio Franzé 32 anni di Vibo; Giuseppe Galati, 40 anni di San Calogero; Giorgio Galiano, 36 anni di San Calogero; Francesco Grillo, 32 anni di Briatico, Biagio Milano, 32 anni d San Calogero; Filippo Paolì, 31 anni di Vibo; Salvatore Pirrò, 48 anni di Gioia Tauro; Tommaso Pirrò, 50 anni di Gioia Tauro; Alessandro Pugliese, 34 anni di Vibo; Giuseppe Pugliese, 63 anni di Cessaniti; Vincenzo Pugliese, 35 anni di Cessaniti; Giuseppe Topia, 30 anni di Jonadi.

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