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POTENZA – I soldi sui conti correnti più beni mobili e immobili, inclusa la penthouse nella torre di via Sacerdoti Liberali, «fino alla concorrenza della somma di circa 86.750 euro».

E’ il sequestro eseguito ieri mattina dagli agenti della squadra mobile di Potenza nei confronti di Dionigi Pastore, il funzionario dell’ufficio economato della Regione agli arresti domiciliari dal 15 luglio con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta.

Per il gip Rosa Larocca si tratterebbe dell’equivalente del prezzo pagato da alcuni imprenditori in cambio di appalti e commesse a via Verrastro. Di qui l’esigenza di procedere a un sequestro preventivo. Tra gli atti del terzo filone dell’inchiesta Vento del Sud c’è un’intera informativa dedicata alle ricchezze accumulate da Pastore: un tesoretto difficile da nascondere, al punto che anche lui ne parla più volte vicino alle microspie piazzate nel suo ufficio.  Da lì sono partite una serie di verifiche che hanno evidenziato come nel giro di 6 anni sui conti correnti di marito e moglie sarebbero stati accreditati poco meno di un milione e 360mila euro, anche se entrambi nello stesso periodo non hanno dichiarato più di 200mila euro di reddito. Mentre a Tito sarebbe spuntata «una lussuosa villa con piscina», per cui risulta di un mutuo «di soli 55mila euro», nonostante dagli «dagli atti acquisiti dalla polizia giudiziaria non si evince quale impresa abbia materialmente costruito la villa lussuosa».

Gli investigatori «per quanto chiarito dallo stesso Pastore», hanno riscontrato che parte dei movimenti sui conti correnti erano legati «anche» ai versamenti che il fratello Raffaele effettuava sui suoi conti «con la cooperativa». Fermo restando che non c’è «nessuna compatibile giustificazione» alla cifra di un milione e 360mila euro di accrediti. D’altro canto hanno scoperto che alla cognata di Raffaele avrebbero fatto capo due società, «che risultano tra le ditte destinatarie dei maggiori affidamenti diretti da parte della Regione Basilicata in tema di edilizia cooperativa».

Dopo la scoperta delle indagini sono state registrate anche alcune presunte contromisure adottate per provare a giustificare certi rapporti economici. Ad esempio una serie di «fatture di comodo» emesse dagli imprenditori amici per i «lavori ottenuti da Pastore». Lavori effettuati sugli immobili, «a dire il vero piuttosto numerosi» a sua disposizione, da parte di imprese che grazie a lui «avevano ottenuti affidamenti e aggiudicazioni per opere pubbliche», come la Prisica e la Uel dei ruotesi Gerardo Priore e Giovanni Sileo (entrambi ai domiciliari) e la Zaccagnino impianti del potentinoVito Antonio Zaccagnino.  Il pm ha individuato la villa di Tito e un appartamento in paese ristrutturato e rivenduto, più un capannone nella zona industriale e uno studio professionale «dove secondo quanto documentato dalla polizia giudiziaria risultava svolgere anche un’attività professionale in proprio senza alcuna autorizzazione dell’ente pubblico di appartenenza». Poi c’è la torre di via dei Sacerdoti Liberali. E’ lì che Leonardo Mecca doveva portare «miscelatori», «mattonelle», «una vasca da bagno», «quel lavandino» e il «bagno» senza dare troppo nell’occhio («Due operai, senza furgone intestato, senza niente, persone semplici»).  Pastore è accusato anche di aver intascato vere e proprie mazzette di qualche migliaia di euro da parte Mecca, che nel 2012 si è aggiudicato la gara da un milione di euro per la manutenzione degli impianti termici della Regione.

La scorsa settimana il Tribunale del Riesame ha sostanzialmente confermato l’impianto dell’accusa nei confronti del funzionario e gli imprenditori coinvolti nell’inchiesta respingendo tutti i ricorsi delle difese, a parte quello di Zaccagnino.

l.amato@luedi.it

 

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