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POTENZA – In più di qualche occasione avrebbe allungato la mano verso una giovane dipendente, palpeggiandole il seno e le natiche. Per questo il responsabile della ditta che gestiva l’appalto delle pulizie al San Carlo di Potenza, nel 2004, dovrà scontare 5 anni di reclusione.
Lo ha deciso il collegio del Tribunale di Potenza presieduto da Aldo Gubitosi che ieri mattina ha pronunciato il verdetto del processo di primo grado a carico di Antonio Festa, 44enne napoletano.
All’epoca dei fatti Festa era il responsabile di Esperia spa, società di servizi integrati confluita nel 2011 in Kuadra srl, che ancora oggi gestisce l’appaltone delle pulizie nel maggiore nosocomio lucano.
Secondo l’impianto originario dell’accusa Festa avrebbe minacciato di licenziare o demansionare due dipendenti della ditta costringendole a subire «atti molesti e offensivi sovente consistiti in apprezzamenti fastidiosi rivolti alla loro persona».
Con lui era finito a processo anche l’attuale responsabile di cantiere della Kuadra al San Carlo, il potentino Giovanni Tancredi (47), che avrebbe mantenuto un contegno simile nei confronti delle due donne.
Nel capo d’imputazione sono riportati insulti e commenti a sfondo sessuale, del genere che non lasciavano nulla all’immaginazione. Ma per questi il collegio ha disposto il proscioglimento di entrambi, data la scadenza dei termini di prescrizione. Quindi è rimasta in piedi soltanto la violenza sessuale a carico di Festa, perchè «in diverse circostanze di tempo, verificatesi soprattutto sui luoghi di lavoro, compiva atti sessuali in danno» di una delle due dipendenti, «consistiti in ripetuti toccamenti e sfioramenti delle sue parti intime e soprattutto del sedere e del seno».
In aula il pm Valentina Santoro aveva chiesto una condanna a 14 mesi riconoscendo la «lieve entità» dei fatti contestati. Ma il collegio è stato di tutt’altra idea.
Di un problema normativo di fondo parla il legale di Festa, l’avvocato Piervito Bardi. «Siamo in un Paese dove si legifera sulla base degli impulsi del momento, anche di tipo mediatico». Spiega. «Così chi deve giudicare si ritrova ad agire con un’ampia discrezionalità, e si creano casi come questo, in cui pm ritiene che tutt’al più ci si trovi di fronte a un episodio di lieve entità e il Tribunale emette una condanna come l’imputato avesse violentato la presunta parte offesa. Perché peraltro a nostro avviso si tratta di accuse che in dibattimento non sono state nemmeno adeguatamente provate».
Soddisfatto invece, l’ufficio della Consigliera di parità della Provincia di Potenza, che si era costituito come parte civile nel processo con l’avvocato Cinzia Pasquale.
In un comunicato a firma della consigliera Liliana Guarino si evidenzia come la sentenza abbia «verificato ciò che l’ufficio ha inteso stigmatizzare ossia un ambiente lavorativo contraddistinto da vessazioni, molestie, violenze ed ambiguita».
«Con questa sentenza – prosegue Guarino – si apre la strada a futuri interventi dell’ufficio della Consigliera di parità, in sede penale in quanto portatore di interessi generali volti alla tutela della pari opportunità e del clima lavorativo rispettoso delle donne».
Quindi si esprime «apprezzamento per la sensibilità espressa del collegio penale presieduto dal dottor Aldo Gubitosi, che ha condotto con estremo equilibrio ma altrettanta pragmaticità l’intero dibattimento».
Festa è stato condannato anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e al risarcimento di 15mila euro alla dipendente vessata, e di 8mila all’Ufficio della consigliera di parità.
l.amato@luedi.it

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