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SONO UN CITTADINO DI Potenza, ove sono nato e attualmente dimoro; ne conosco abbastanza storia e costumi, a cui mi sono interessato sempre attentamente, anche con qualche contributo attivo.

Mi permetto di porre alla Sua attenzione alcune riflessioni su una delle espressioni più caratteristiche della vita di questa città, la festività del Patrono san Gerardo e la “Sfilata dei turchi”, oggi detta “Parata”.

Mi rammarico che, da qualche anno a questa parte, si propongano nuove modalità sia  progettuali che realizzative per le due  cerimonie, con innovazioni di incerto criterio. 

Ancora più  sconcertante è rilevare che, nelle scuole, a giovani stu e che circolino depliants e libretti  che mi sembrano assai poco aderenti alla realtà della storia e della leggenda. 

Proprio su questo ultimo punto richiamo la Sua attenzione e, spero, quella dell’intera comunità, perchè si  possa fare chiarezza,  dare il giusto spessore a questa bella e nobile tradizione, e quindi poter conservare con maggiore rigore la memoria delle veraci e spontanee radici  dei nostri avi.

In allegato, una mia sintetica relazione sull’argomento.

 

PRIMA DI parlare di san Gerardo della Porta, da Piacenza, vescovo di Potenza dal 1111 al 1119, della chiesa intitolata alla Madonna Maria S.ma Assunta in Cielo (che prese il nome di San Gerardo dal 1120, anno in cui Gerardo fu canonizzato da Callisto II) e prima di parlare della festività detta Sfilata, oggi detta Parata dei Turchi, è indispensabile fare chiarezza sulla correttezza delle informazioni che a tutti sono pervenute su queste due “cerimonie”, che sono “riti” importanti per la nostra città, sia per il sentimento religioso dei fedeli, sia per l’affezione dei laici alla tradizione

Sono convinto che, se per gli avvenimenti legati al sentimento religioso, talvolta basta la fede per credere, ed operare di conseguenza, per i “riti” di natura laica occorre almeno la coerenza di coloro che organizzano la cosiddetta “parata”: in breve, se da tempo antico la “sfilata” si è ripetuta con un semplice e spontaneo cerimoniale, svolto soprattutto da contadini con le loro cavalcature, perché ai nostri giorni sono comparsi addirittura signori in abito da sera ed in altra edizione abbiamo visto sbandieratori di “scuola toscana” ?

Approfondiamo questo discorso e cerchiamo di ragionare con il nostro cervello: sulla vita di monsignor Gerardo della Porta, fatto vescovo e poi santificato, si può leggere dappertutto la biografia e la storiografia del suo mandato, che sono sufficientemente corrette.

Al contrario, sottratta alla volontà popolare il rispetto per rinnovare ogni anno, secondo i canoni tradizionali, la “sfilata dei turchi”, si sono dette e soprattutto scritte diverse cose (non storie, non fatti provati), senza sufficienti conferme o testimonianze corrette, e nemmeno la natura delle fonti.

Di ciò era totalmente convinto il professor Tommaso Pedio, mentre prudenti si mantenevano padre Mario Brienza e don Gerardo Messina, attenti studiosi di questo argomento; altri studiosi, tra i quali anche persone di “buona cultura”  hanno raccontato uomini e vicende di ogni genere, che non potrebbero assolutamente avere, e non hanno, alcuna attinenza con la realtà storica.  La storiografia delle province meridionali d’Italia, in generale, ci ha semplicemente fatto annotare che la cosiddetta “sfilata dei turchi” è stata “creata” dalla volontà popolare, ma certamente sostenuta dai governi che si sono succeduti, dal viceregno spagnolo, dal governo borbonico e, poi, dal regno italiano (dalla fine del XVII secolo in poi). L’unico scopo è stato sempre quello di celebrare, ogni anno, la ricorrenza delle battaglie vinte dai cristiani contro i “mori” nei secoli precedenti: la battaglia di Belgrado (1456), lo sbarco di Otranto (1480) la battaglia di Vienna (1529), quella di Lepanto (1571) e l’assedio di Vienna del 1683, quando furono finalmente sgominati i musulmani.

In termini concreti, tutti questi eventi non hanno alcun rapporto con il santo Gerardo: la concomitanza o meglio la vicinanza delle date (29 e 30 maggio) è determinata dall’interesse di tutta la comunità cittadina, e anche dei paesi vicini, di profittare della grande festività religiosa per attrarre più gente: la stessa cosa, ad esempio, avveniva e avviene tuttora, per la festa del maggio di Accettura, collegata a quella per il patrono san Giuliano.

Per completezza di informazione, annotiamo anche che, fino al 1886, la “sfilata” si svolgeva il giorno 11 maggio e la festa di san Gerardo si celebrava il giorno seguente. Entrambe si spostarono al 29 e 30 di maggio solo per la sollecitazione di tutto il popolo che lamentava di «trovare il tempo quasi sempre cattivo all’inizio del mese». Si può dimostrare abbastanza facilmente che i cosiddetti turchi non sono mai arrivati a Potenza, per quanto abbiano risalito il Basento fino ad un certo punto. Su cosa, quindi, si basano le dichiarazioni che alcuni studiosi rilasciano con la presunzione di certezza?

In mancanza di fonti accertate, di documenti garantiti da prove, da molte parti si ripete la storia dell’arrivo a Potenza del conte Alfonso de Guevara, che venne qui a visitare il suo feudo, nel giugno del 1578. Il fatto è vero; lo racconta anche Raffaele Riviello nella sua famosa Cronaca Potentina e negli atti del notaio Scafarelli si legge nel dettaglio il percorso tra due ali di gente attraverso la strada pubblica da Portasalza a San Gerardo.

Tale evento non può avere alcun riferimento con una ipotetica incursione dei cosiddetti turchi a Potenza. È, invece, descritta una gara, una manovra di tipo militare in onore del conte, tra una parte di cristiani contro una parte di “mori”, che si sviluppò tra Betlemme ed a salire, fino a Piani del Mattino. Nessun riferimento o prova storica può considerarsi il fatto che, in carte del Settecento e dell’Ottocento, risulti citato il toponimo Saraceni in agro di Potenza. Lo stesso Messina conclude con l’affermazione che la storia o, meglio,la leggenda dei “turchi” è misteriosa, e tale resta. Perché allora, addirittura, “Storica Parata dei Turchi”?

Perché non limitarsi a tradizioni e fatti concreti, come quelli tramandati da cronache cittadine (tra Ottocento e Novecento)?

In quei tempi un comitato di cittadini con a capo un “procuratore” si conquistava (con ricche offerte) il diritto di decidere e, quindi, dirigere partecipazione attiva dei fedeli alla processione. Inoltre, una specie di congrega di giovani litigava per avere l’onore di portare in processione la statua di san Gerardo: erano i cosiddetti “Portatori del Santo” che attualmente, da alcuni anni, sono tornati a riunirsi in un gruppo numeroso che organizza piacevoli tavolate, il tutto in piazza, assieme a simpatizzanti di tale tradizione.

Comunque, fino ad un secolo fa erano presenti anche i portatori di alcune statue di santi, che altre chiese, conventi e cappelle avevano l’onore di far partecipare alla processione (si era arrivati addirittura al numero di dodici statue).

Questi volontari erano acclamati e festeggiati lungo il percorso e ad ogni imbocco di vicolo era pronto un barile di vino per rifocillarli. Tenuto conto che su via Pretoria vi erano gli sbocchi di cinquanta vicoli, ad un certo punto la processione era talmente animata da ondeggiamenti pericolosi di uomini e statue che nell’edizione del 1909 si giunse al caos, ed il vescovo Monterisi, presente, si amareggiò tanto da ritirarsi a pregare nella chiesa della Trinità, suscitando un certo scalpore della gente (Cfr. Amedeo Marsico, La bruvugnaria de Munzegnore , alias a du tutt’vurtù).

Dall’anno successivo fu bandita la presenza di tutte le statue che ancora erano accettate per seguire san Gerardo, ovvero quelle di S. Luigi, S. Pasquale, S. Vincenzo, Sant’Anna, S. Michele, S. Lucia, Sant’Antonio abate, S. Vito e S. Rocco.

Per quanto riguarda le scelte sulla sceneggiatura – in genere- di tutta la “sfilata”, fino alla prima metà del secolo scorso, rimase quasi inalterato l’indirizzo che il popolo – come si è detto – spontaneamente dava alle scelte di particolari costumi, musiche, canti, arredi, eccetera. Scriveva ancora Raffaele Riviello su questo argomento: «tutto il popolo concorreva con l’opera e con le offerte a rendere la festività più che possibile magnifica tanto da destare la curiosità e l’ammirazione dei paesi vicini».Soltanto nel ventennio fascista si verificarono alcuni episodi di soprusi, con cui la dittatura intendeva dare ordini e disposizioni anche sui riti religiosi.Torniamo alla “Storica Parata dei Turchi”, come si dice oggi.

Dopo la seconda guerra mondiale il carattere di questa manifestazione è abbastanza cambiato; abbiamo vissuto qualche esperimento incoerente e di illogico modernismo.

Oggi, addirittura, le caratteristiche, i caratteri peculiari della manifestazione sono caduti sotto l’égida della politica, se non altro di quella degli amministratori locali, oltre agli interventi, non sempre consoni, di varie associazioni di volontari.

Detto questo, come non chiedersi come possa la città di Potenza, sede dell’Università degli studi e di varie altre prestigiose istituzioni scientifiche e culturali, continuare su queste “disinvolte operazioni pseudo-culturali”?

Ed ancora: possibile che nelle stesse Istituzioni, scientifiche e culturali, non ci si accorga di quanto continua “a muoversi intorno”? Perché mondi così separati?   Eppure c’è qualcosa che si muove, ma, a mio avviso, nella direzione sbagliata.

Sono molto dubbioso sulla facoltà che è stata data ai predetti “portatori” di insegnare in scuole elementari e medie la storia patria, come si legge in un depliant. Con tutto il rispetto per costoro, di cui non conosco affatto la professionalità, ritengo che sia indispensabile rivedere questa decisione per accertare che l’interpretazione di questa bella leggenda del nostro passato rimanga senza ombra di dubbi. La lettura del libretto con il titolo San Gerardo e la Parata dei Turchi, scritto a cura dell’Associazione Culturale Portatori del Santo, non mi sembra sia molto istruttiva, tranne che per i difficili rapporti tra i nostri concittadini ed il feudatario di quel tempo.

Che i giovani “portatori” debbano insegnare la storia (un pezzo di  storia che non conosco e non si trova su alcun documento) credo che sia troppo.

In attesa che si faccia finalmente chiarezza, su uomini e fatti, possiamo puntualizzare  che non risulta questa presunta unicità, singolarità, della stessa “sfilata dei turchi” in Potenza al confronto di altri paesi e città, anche al di là delle province meridionali, e quindi possiamo dichiarare, anche noi semplici cittadini, che ci appare improbabile sostenere il diritto all’esclusività di questa “cerimonia” che, se accuratamente e rigorosamente riconsiderata, farebbe tutti felici perché potrebbe dare, a giusto merito, tanta più importanza alla città di Potenza.

È accertato che almeno dal Settecento in poi, per molti decenni, la festività in memoria della vittoria della cristianità sui musulmani, si è svolta per iniziativa popolare e, come si è detto, col sostegno anche dei governi che si sono succeduti nelle province meridionali: in Abruzzo, in Campania (compresa Napoli), in Basilicata, Sicilia, ecc. Anzi, si registra qualche presenza di “cerimonie” in onore della cristianità che ha combattuto «i mori musulmani» in altre regioni d’Italia, perfino in Piemonte e nel Friuli. E senza andare lontano, ricordiamo che anche nella vicina Avigliano si è celebrata da vecchi tempi la “sfilata dei turchi” e persino a Matera ove si solennizza la Madonna con grande fasto.

In ogni caso, ovunque, non per celebrarli o esaltarli, ponendo addirittura “in ombra la cristianità”, secondo la “deriva potentina”, ma per far veicolare “messaggi di pace e di unità fra i popoli”, nel rispetto della tradizione.

Dal dottor Luna, funzionario della Biblioteca Nazionale di Potenza, sarà pubblicato a breve uno studio accurato sulla presenza, nel mondo, di centinaia di luoghi ove si celebra questo “tradizionale rito”. In Francia , in America latina e nella Spagna si contano centinaia di località nelle quali si organizzano le cosiddette “feste di mori e di cristiani”.

Il dottor Luna ci consente di leggere insieme due brani della prefazione alla citata sua pubblicazione:

 Moltissime sono le feste dei turchi che si svolgono oggi in Spagna, in Francia, nel resto dell’Europa, nell’America Latina e persino nelle Filippine. Nella sola Spagna, in tutti i dodici mesi del corrente anno 2000 si sono svolte feste di mori e cristiani con processioni giostre, battaglie e moresche, in ben duecentoventi località(Fonte UNDEF, Union NacionaldesEntitades de Moros y Cristianos, Spagna).Una maggiore conoscenza delle feste che si svolgono altrove, nel mondo, non potrà che portare nuova luce nella comprensione delle vere origini della sfilata potentina e delle altre sfilate dei Turchi che si svolgono in altre regioni italiane, dal Piemonte alla Sicilia.

Nel recente passato – aggiunge Luna – sono stati organizzati convegni internazionali sul tema delle feste di mori e cristiani, certamente altri se ne organizzeranno, sul medesimo tema, in futuro. Se i potentini hanno fino ad oggi ignorato tali manifestazioni culturali, è opportuno che d’ora in avanti, vi partecipino con una loro delegazione.

Si consideri, anzi, la possibilità di organizzare proprio nella città di Potenza un Convegno nazionale o internazionale sulle feste di mori e cristiani, per dare un impulso nuovo agli studi sulla presenza dei Turchi nel folklore lucano e in quello dei popoli europei ed extraeuropei.

Sarebbe auspicabile, ad esempio (ad iniziativa dell’Amministrazione Comunale di Potenza), la costituzione di una federazione italiana con le stesse finalità dell’UNDEF spagnola, tale da riunire tutti quei comuni italiani nei quali ancora oggi si svolgono rievocazioni di antichi “scontri tra turchi e cristani”.

Per concludere, una mia ultima considerazione: nelle Istituzioni scientifiche e culturali presenti nella città di Potenza e nella Basilicata non mancano certo competenze e professionalità per una “svolta di rigore e di rispetto” per le tradizioni e per la storia. Mi auguro che si possa riprendere  questo argomento, con l’impegno di tutta la nostra comunità , per dare sempre, con serenità, le risposte giuste e quindi poter collaborare 

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