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CARA Serino, non so se hai fatto caso. Da parecchio tempo non scrivo di politica sul tuo giornale; ho preferito parlare di cultura. C’era una ragione inconscia che un editoriale recente del “Corriere della Sera” ha portato alla luce. «Non scrivo di politica da tanto tempo – si scriveva all’incirca da parte di un illustre editorialista del “Corriere della Sera” – perché mi sono accorto che non serve. Si scrive, si scrive, ma nessuno ti ascolta».

Questo è tanto più vero in Lucania Basilicata, dove c’è la sicurezza del potere e dello schiacciante prevalere del Pd ad ogni elezione. Scrissi una volta sul tuo giornale che, quanto più diminuiscono i votanti e gli abitanti, tanto più, essendo stati espulsi gli avversari o i non amici, aumenta la percentuale a favore del Partito-regione, ovvero del Pd. La regione Lucania Basilicata, cioè, sembra essere diventata un’oasi protetta di amici del giaguaro. Lo ha dimostrato la bulgara vittoria di Pittella, parallela e conseguente all’aumento dei non votanti. Un partito-regione diventa inevitabilmente un Partito-regime

In passato mi capitò di scrivere contro gli assessori esterni, che non brillavano né per le loro qualità tecniche né – lo si  sarebbe scoperto dopo – per le loro qualità  morali. Gli assessori esterni erano un paradossale spreco in una regione che non aveva e non ha soldi per servizi essenziali, che riguardano la scuola, l’assistenza sociale, l’assistenza sanitaria, i trasporti e altro. Ma chi ti ascoltò? Folino disse addirittura che era un questione che non interessava il Consiglio Regionale. Mi auguro che sia più sensibile Marcello Pittella, che vorrei capisca che, se si è voluto ridurre  il numero dei consiglieri regionali da trenta a venti, è perché si vuole risparmiare sui “rappresentanti” del popolo, purtroppo popolo del PD. E se questo è vero, inventarsi artatamente quattro assessori esterni, sarebbe come portare il Consiglio Regionale da ventuno a venticinque rappresentanti.

In altra circostanza  mi preoccupai di intervenire sul “memorandum”, ricordando che era opportuno che, nel “memorandum”, ci si “memorasse” della grande incompiuta ferroviaria Ferrandina – Matera, di cui ciclicamente si occupano, con scandalo, i giornali e le emittenti nazionali. Ma chi ti ascoltò? Per la capitale Potenza si è, al solito, agito diversamente.

E sempre a proposito del “memorandum”, mi preoccupai di dire che io, personalmente, non avrei ritirato e non avevo ritirato il “bonus”- benzina, che pure mi avrebbe fatto comodo, avendo due macchine sia pure vecchissime e utilitarie, perché non mi sembrava giusto che io, meno bisognoso, prendessi soldi “lucani” e non li prendessero, invece, centinaia e centinaia di pensionati che vivono segregati nei nostri paesi, ultima parvenza di vita. Ma chi ti ascoltò?

E sempre a proposito del “memorandum” e del petrolio estratto dalle nostre terre scrissi che non servivano “bonus” – benzina, bensì posti di lavoro. Nessuno, purtroppo – scrissi -, pensava di fare quanto fu compiuto nei lontani anni a cavallo tra il 1950 e il 1960. Scrissi letteralmente – sul tuo giornale – che partiti e sindacati, allora, mobilitarono le popolazioni, chiamando alle loro responsabilità i più grandi dirigenti nazionali. Si chiamavano Amendola, Napolitano, Reichlin, De Gasperi, Mattei, D’Alema (padre)…La parola d’ordine fu: “Il metano è nostro e resta qua, da utilizzare per i grandi investimenti produttivi, cioè in fabbriche”. Fu così che nacque la vasta area industriale della Val Basento, in cui lavorarono circa diecimila operai e impiegati,  sicché, per almeno quindici anni, i nostri contadini, divenuti operai, non solo non emigrarono, ma comprarono il frigorifero e fecero studiare i loro figli.

Con il petrolio, invece, risorsa nazionale di grande importanza, non c’è uno straccio di progetto per lo sviluppo della regione. I nostri nani politici stilano “memorandum” e non sanno pensare se non all’obolo delle “royalties”, così come si fa con la sommetta fatta cadere nel cappello del questuante. La regione e i lucani,  lo sappiano a destra come a sinistra  – precisai –  non hanno bisogno del “bonus”, cioè di risibili regalie. Volevano posti di lavoro, soldi guadagnati col lavoro, cioè fabbriche fabbriche fabbriche. Il “bonus”, altrimenti, sarebbe servito, ancora una volta, per fare il pieno di benzina e prendere la via del Nord, finché Bossi e Calderoli, naturalmente, glielo permettevano.

Ed ora il “bonus” ce l’hanno tolto. Il mio suggerimento era il classico “uovo di Colombo”. E l’uovo di Colombo lo scopre ora Vincenzo Santochirico, che, non più consigliere regionale, si lancia nella stessa idea della necessità che non in “royalties” si traduca il “regalo” delle grandi società petrolifere, ma in investimenti che diano posti di lavoro. “Le compagnie petrolifere che estraggono o estrarranno in Basilicata – scrive – devono investire in questa  regione, qui ed ora, per realizzare e sviluppare loro attività diverse da quelle estrattive, collegate o meno ad esse non rileva, per generare una consistente e diversificata  domanda di lavoro, in grado di creare, nell’arco di un biennio, 2- 3mila posti di lavoro. Attività manifatturiere, servizi, ricerca sono settori nei quali le compagnie già operano, che possono e devono dislocare in Basilicata”.

Sia benedetto Iddio e sia benedetto Santochirico. Ma perché non l’ha detto prima? E lo ascolteranno? Tra le cose che mi auguravo, prima di queste elezioni, era che, esclusi dalle liste quanti avevano già due mandati, si formasse un nucleo di uomini esperti in cose politiche e amministrative, tali da costituire il cervello collettivo del partito, capace di dare linee precise nel senso dello sviluppo e del progresso nella nostra povera regione. Ma non sembra che possa succedere. Infatti, estromessi dalle liste, le vecchie cariatidi hanno scelto subito un loro uomo, che, umile esecutore di ordini, li rappresentasse. Viti ha mandato il suo uomo; il suo uomo ha mandato Antezza; loro uomini hanno mandato De Filippo, Bubbico e Folino. I nuovi consiglieri regionali, insomma, sono emanazione dei vecchi consiglieri. Forse Santochirico non ha mandato il suo uomo e può permettersi il lusso di fare l’opinionista. Ma saprà insistere in questa sua funzione, rinunziando a lauti incarichi variamente connessi col partito? E chi ascolterà le sue proposte rivoluzionarie? Già, perché, in questa regione, è rivoluzionaria l’ovvietà.

 

 

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