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POTENZA – Quasi due ore di incontro. Due ore di pionierismo emozionale a metà fra la proiezione parigina di un esperimento proto-cinematografico di Méliès e una seduta spiritica: «Ci sei?». E quando da Urbino Giovanni Boccia Artieri “batte un colpo”, nel senso di clic, inizia anzi entra nel vivo uno dei primi esperimenti d’Italia di seminario su Periscope, la nuova applicazione che permette di condividere una diretta video tramite twitter. Di certo il “Periscopinar” coniato da Enzo Fierro (direttamente mutuato dal “webinar”, ovvero seminario via web) va assolutamente registrato onde evitare imitazioni. All’Ireforr l’iniziativa di Palestra della creatività e dell’innovazione con la partecipazione di Giuseppe Granieri, fondatore di Bookcafe.net e blogger della Stampa, attira l’attenzione di una trentina di “iniziati”. In carne e ossa. Il resto è virtuale ma dimostra che l’esperimento sarà più che riuscito: 175 visitatori durante la diretta di Granieri, potentino esperto di nuovi media e comunicazione, e una reale interazione con Boccia Artieri, professore ordinario al dipartimento di Scienze della Comunicazione e Discipline Umanistiche dell’Università di Urbino, stimolato da Potenza sulla efficacia della nuova app. Alla fine, Periscope avrà una promozione con riserva, essendo ancora in una fase di sperimentazione che porterà giocoforza a un miglioramento nella fruibilità.
Cos’è Periscope lo spiega bene Granieri: una postazione per una diretta tv di 100 grammi. È il peso dell’iPhone (l’applicazione gira solo su iOS), unica “restrizione” assieme a un’altra precondizione: essere su twitter. Sono le due condizioni necessarie e sufficienti per scaricare gratuitamente l’app e diventare inviati, storyteller, sperimentatori di citizen journalism; con tutto il fascino ma anche i rischi collegati. «Si va dal copyright alla tutela dei minori al cyberbullismo», dice Fierro in apertura. Che, vista anche la location, immagina anche uno sviluppo nella direzione della formazione a distanza, benché Boccia Artieri, incalzato sull’argomento, risponderà che per quello ci sono altri mezzi, la videoconferenza o skype, «mentre Periscope nasce per documentare l’evento, il qui e ora». Uno strumento insomma che funziona sulla combinazione di effimero e portabilità. Ma non manca la dimensione del “cazzeggio”, come spiega il prof da Urbino, e infatti fino ad ora ha avuto un boom come live streaming delle celebrità, che in questo modo alimentano la propria “brandizzazione”, ovvero l’esaltazione del marchio personale di cui sono portatori, con l’illusione dell’interazione – gli utenti in contatto possono porre delle domande – e la conferma della corsa facebookiana al like, che in questo caso sono resi graficamente da seducenti cloud di cuoricini che si librano verso l’alto come palloncini per poi sparire.
Tra le controindicazioni – oltre al voyeurismo degli immancabili pervertiti, vedi la deriva di Chatroulette – l’impossibilità di un controllo sui contenuti (Granieri invoca nuove policy al riguardo) e di un’archiviazione del singolo video per oltre 24 ore, ma pare che quest’ultima dovrebbe essere una delle prime da ovviare. Ce n’è poi una, per così dire, concettuale: «Dopo le foto, i testi, la musica, il giornalismo, adesso anche le dirette video tendono al costo zero», commenta Granieri citando i blog, Youyube e Instagram. Poi però ricorda i tempi in cui scattare una foto e mostrarla oppure scrivere una lettera e avere una risposta richiedeva nel migliore dei casi un mese: nell’era dei cosiddetti “Kodak moments” (foto come esperienze da condividere subito), i tempi si polverizzano e così anche una diretta può arrivare a una audience potenzialmente planetaria oppure selezionata a monte, una platform che è poi – spiega Granieri – «l’ecosistema» di twitter, un’arma in più rispetto ad esperimenti anteriori a Periscope come Meerkat, super funzionali e infatti di successo eppure monchi. Poi certo, dipenderà anche stavolta dagli utenti. «Il fatto che tutti siamo alfabetizzati non significa che tutti scriviamo bene». Allo stesso modo, con Periscope si ha in mano uno strumento da utilizzare al meglio. Ad esempio per una tv di quartiere.
Potenzialità «sensata» più della «tv personale», chiosa Boccia Artieri, che di contro crede molto nell’idea di «storytelling in cui metti la faccia, dato che mostrare è diverso da dire» o di “salotto” alimentato da una logica di comunità: ecco che Periscope è, secondo l’ordinario, ideale per le recensioni o per l’ascolto in gruppo di brani musicali, con la possibilità di interagire facendo domande e commenti in tempo reale. Il che apre anche nuovi orizzonti nella monetizzazione dei contenuti: sarà il suo accesso immediato o una fruibilità che richiede meno attenzione della lettura, ma il video resta la forma più seguita, efficace e – appunto – remunerativa [1].
A parte i problemi di banda che causano un leggero delay nel collegamento con Boccia Artieri con conseguenti sfasamenti nell’interazione, la “narrazione” di ieri centra il bersaglio. Il webteam di Matera2019 è indietro… Fierro può a ragione esultare («A Potenza il primo esperimento di Periscopinar in Italia») e Granieri, giustamente, osservare che una cosa è certa: «Non possiamo più lamentarci di una marginalità che mezzi come questi contribuiscono ad abbattere».

e.furia@luedi.it

[1] «Secondo l’ultimo Ericsson Mobility Report, i video su piattaforma mobile aumenteranno di dieci volte da qui al 2020: arriveranno soprattutto da YouTube, Facebook, Snapchat o da app di streaming come Periscope» (Bruno Ruffilli, La Stampa 28/4/2015).

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