X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

«Ho sempre la sensazione che nei luoghi che conosci e che ami le fotografie funzionino di più. In fondo è normale, addentrarsi in un posto è più facile, c’è più empatia, non sei estraneo».

Il posto di Simone Marengo è Potenza, vicoli, negozi e parchi compresi. Tutto lì, tra centro e periferia, ma centro soprattutto. «È perché ci sono cresciuto, fin da ragazzino ne ho fatto il mio luogo».

Ora, studente universitario in lettere e filosofia, attraversa via Pretoria con la stessa voglia di restare, con la stessa sensazione di casa. Ci passa, si ferma, chiacchiera, guarda, scatta. «Fotografia street significa fermare la città in tante, singole storie».

Con Potenza lo ha fatto quasi inconsapevolmente, «senza pensare troppo al progetto complessivo».

Dopo un anno di prove, ritratti e scatti ha però raccolto nelle foto una bella porzione della città. Volti e mestieri raccontati quasi sempre in bianco e nero («che è un po’ il marchio della fotografia street»), angoli del capoluogo in movimento, profili, sorrisi.

Sono stati selezionati e raccolti in una mostra voluta dall’associazione Gocce d’autore. L’allestimento, intitolato “Anafore architettoniche, ossimori umani” sarà inaugurato oggi, alle 18.00, nella sede del circolo, in via De Rosa, nel cuore del centro storico di Potenza.

La fotografia per Simone – ventiquattro anni e altre mille passioni, musica in testa – è arrivata per caso, da adolescente, nei pomeriggi da adolescente, in giro con un amico che aveva una reflex in più da prestare. «È così che ho imparato, ho provato, poi ho accantonato».

Fino a qualche anno fa, quando una piccola borsa di studio gli ha permesso di acquistare una macchina fotografica tutta sua. «Ho ricominciato così».

Ora la reflex ce l’ha quasi sempre dietro, a zonzo per Potenza da raccontare.

«Certo che chiedo, chiedo sempre il permesso se voglio che la storia emerga. E poi ho imparato che chiedendo l’autorizzazione le persone sono disponibili. Non sopportano lo scatto rubato, ecco, ma se chiedo mi dicono di sì». Sempre con delicatezza, e cercando del tempo per una chiacchiera, per capire qualcosa di una giornata, di un lavoro, di una piccola storia di città.

«Ho cominciato con i paesaggi, credo perché è la cosa che sembrava più facile, giusta per studiare almeno». Poi la fotografia urbana si è fatta largo in modo naturale. «Anche perché è un tipo di fotografia unica, nessuno scatto può essere replicato». Le persone non sorridono mai allo stesso modo.

«Ma mentre vado avanti cambia l’approccio alla città da fotografare. Scatto meno, scelgo meglio cosa, meno ansia da clic».

Il tempo a zonzo per Potenza serve allora per individuare meglio le «occasioni fotografiche». Una città, dice, ne è sempre piena.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE