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CATANZARO – Assunti a tempo determinato dal ministero dell’Ambiente e assegnati all’assessorato alle Politiche ambientali della Regione Calabria, in otto alla fine si erano garantiti il futuro con una bella stabilizzazione presso l’Arpacal, l’Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente, pur non avendoci mai messo piede. 
Questo, almeno, sostiene la Procura della Repubblica di Catanzaro, che, per mano del sostituto procuratore, Carlo Villani, ha adesso chiesto al gip di mandare sotto processo tutti i manager di entrambi gli enti che avevano messo mano alla pratica. 
Abuso d’ufficio in concorso, nello specifico, l’accusa dalla quale sono chiamati a difendersi Vincenzo Mollace, ex direttore generale Arpacal, Giuseppe Graziano, ex dirigente generale del dipartimento Politiche dell’ambiente della Regione, Francesco Caparello, all’epoca dei fatti dirigente del settore Personale Arpacal, Luigi Luciano Rossi, ex direttore amministrativo della stessa Arpacal, Antonio Scalzo, ex direttore scientifico Arpacal e oggi consigliere regionale, Sabrina Santagati, direttore generale Arpacal, e Rosanna Squillacioti, all’epoca dei fatti dirigente di settore del dipartimento Politiche ambientali della Regione. Tutti coinvolti, a vario titolo, nella stabilizzazione avvenuta nel 2008 sulla scia di un Protocollo d’intesa sottoscritto tra i due Enti per dare vita ad una “task forse per l’ambiente”.
 Stiamo parlando della cosiddetta “task force del Dipartimento ambiente – Ara – della Regione Calabria del ministero dell’Ambiente”, di cui appunto facevano parte gli otto precari, che furono stabilizzati “in violazione – sostiene il magistrato – della normativa in materia di pubblica amministrazione, che prevede che ciò possa avvenire per esigenze permanenti dell’amministrazione stabilizzante con vacanze di organico per posizioni non dirigenziali da ricoprire da lavoratori già impiegati nello stesso ente per almeno tre anni e in possesso dello specifico titolo di studio per il quale vi è la vacanza”. 
Una norma di cui gli indagati non avrebbero affatto tenuto conto, stando alla ricostruzione accusatoria formulata sulla base delle indagini portate avanti dagli ispettori del Nisa e che definisce “illegittimo” il protocollo d’intesa sottoscritto da Regione e Arpacal, nelle persone di Mollace e Graziano, solo per procurare “un ingiusto vantaggio patrimoniale” ai lavoratori in questione. Protocollo al quale, ad ottobre, erano seguite due delibere, a firma di Caparello, Rossi, Scalzo e Mollace, finalizzate ad attuare la stabilizzazione presso l’Arpacal degli otto dipendenti, di cui tre nella posizione di collaboratore tecnico professionale esperto nonostante fossero in possesso di un titolo di studio diverso da quello previsto dalla norma. Illegittimità su illegittimità, dunque, come quella che, sempre secondo il magistrato, avrebbe accompagnato l’autorizzazione, firmata da Graziano a favore di una stabilizzata a dicembre del 2008, a proseguire l’attività presso la Delegazione di Roma della Regione Calabria, nonostante la stessa fosse stata – sempre illegittimamente e illecitamente, sottolinea il magistrato – stabilizzata per quelle “urgentissime ed improrogabili attività istituzionali proprie del Dipartimento Ambiente, compreso il coordinamento nazionale ambiente e della programmazione 2007-2013 cui la stessa Ara è tenuta ad assolvere” di cui parlava il protocollo d’intesa “incriminato”. 
Risale al giugno 2010, invece, il trasferimento, autorizzato con nulla osta a firma della Squillacioti e con disposizione di servizio a firma della Santagati, di un altro precario stabilizzato, prima comandato, a sua richiesta, presso il Dipartimento infrastrutture – Lavori pubblici politiche della casa” e, poi, rientrato presso il Dipartimento provinciale di Cosenza dell’Arpacal, nonostante quelle “urgentissime ed improrogabili attività istituzionali…”, di cui dicevamo prima. Analoga accusa a carico di Caparello, Rossi, Scalzo e Mollace, per aver autorizzato il trasferimento per mobilità di un altro degli otto precari stabilizzati.
«Siamo stati costretti a farlo, visto che i dipendenti in questione provenivano dalle fila del Ministero», si era difeso Caparello, in fase di indagini preliminari. «Ho agito rispettando la legge», gli aveva fatto eco Graziano. Ma nulla aveva fatto retrocedere il magistrato dalle sue convinzioni, riproposte nella richiesta di rinvio a giudizio sulla quale dovrà pronunciarsi il giudice dell’udienza preliminare al quale sarà assegnato il fascicolo.

CATANZARO – Assunti a tempo determinato dal ministero dell’Ambiente e assegnati all’assessorato alle Politiche ambientali della Regione Calabria, in otto alla fine si erano garantiti il futuro con una bella stabilizzazione presso l’Arpacal, l’Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente, pur non avendoci mai messo piede. Questo, almeno, sostiene la Procura della Repubblica di Catanzaro, che, per mano del sostituto procuratore, Carlo Villani, ha adesso chiesto al gip di mandare sotto processo tutti i manager di entrambi gli enti che avevano messo mano alla pratica. 

Abuso d’ufficio in concorso, nello specifico, l’accusa dalla quale sono chiamati a difendersi Vincenzo Mollace, ex direttore generale Arpacal, Giuseppe Graziano, ex dirigente generale del dipartimento Politiche dell’ambiente della Regione, Francesco Caparello, all’epoca dei fatti dirigente del settore Personale Arpacal, Luigi Luciano Rossi, ex direttore amministrativo della stessa Arpacal, Antonio Scalzo, ex direttore scientifico Arpacal e oggi consigliere regionale, Sabrina Santagati, direttore generale Arpacal, e Rosanna Squillacioti, all’epoca dei fatti dirigente di settore del dipartimento Politiche ambientali della Regione. Tutti coinvolti, a vario titolo, nella stabilizzazione avvenuta nel 2008 sulla scia di un Protocollo d’intesa sottoscritto tra i due Enti per dare vita ad una “task forse per l’ambiente”. Alla fine, tra l’altro, tutti i dipendenti sono stati utilizzati per incarichi fuori dall’Arpacal.

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