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Era arrivato in ospedale a seguito di una caduta sul lavoro, e l’elettrocardiogramma al quale era stato sottoposto aveva subito ravvisato un infarto in atto. “Lesione transmurale anteriore; infarto acuto precoce; elettrocardiogramma anormale”. Ma, i medici del pronto soccorso non avevano ritenuto di ricoverarlo, procedendo, invece, alle dimissioni del paziente, con una prognosi di 7 giorni.
Ma dopo una settimana, Piero Procopio (nel riquadro), precisamente il pomeriggio del 7 marzo è stato trovato dalla figlia ventenne con la bava alla bocca. Ai sanitari del 118 accorsi sul posto non era rimasto altro che constatarne il decesso. “Assenza di polso e di respiro. Non risposta a stimoli verbali e dolorifici. Elettrocardiogramma piatto”. E così i familiari del 46enne si sono rivolti allo studio legale di Domenico e Giuseppe Palermo, ed hanno sporto una denuncia in Procura per chiedere che venga fatta chiarezza sulle cause del decesso del congiunto e sulle eventuali responsabilità legate al ruolo dei medici che, nonostante il quadro clinico particolarmente critico del paziente, lo avevano rimandato a casa, con il consiglio di prendersi qualche giorno di riposo. Insomma, Piero Procopio così come era entrato, dall’ospedale “Pugliese” era uscito con il codice bianco (ovvero non in condizioni d’urgenza), quando, invece, tutti gli accertamenti effettuati proprio su richiesta dei medici del Pronto soccorso avrebbero consigliato tutt’altro. Il magistrato competente in materia, dovrà ora valutare l’opportunità di acquisire la cartella clinica custodita in ospedale e disporre la riesumazione del cadavere, per procedere con l’autopsia, al fine di verificare la sussistenza dei presupposti del reato di omicidio colposo, ipotizzato dagli avvocati Palermo, scesi in campo al fianco della moglie e dei due figli (un maschio di 17 anni e una ragazza di 20), rimasti, peraltro, ora, senza alcuna forma di sostentamento, dal momento che la moglie della vittima è casalinga, per cui a far quadrare i conti ci pensava Piero Procopio, che lavorava come fornaio alle dipendenze di una ditta di Simeri Crichi.

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