X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

POTENZA – Un «quadro normativo scombinato», un «governo che cambia idea continuamente», Regioni che non vogliono affrontare il “nodo Provincia”. E così una macchina che in qualche modo funzionava, si sta pian piano fermando, con conseguenze drammatiche dal punto di vista occupazionale ma anche da quello dei servizi ai cittadini.
Così ieri mattina i sindacati della Funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil (Roberta Laurino, Elisabetta Pennacchia e Antonio Guglielmi) hanno lanciato l’ennesimo appello alla Regione in modo particolare. Perchè la questione deve essere affrontata concretamente, prima della fine del 2016, anno in cui per il personale in esubero delle due Province si rischia la mobilità prima il licenziamento poi.
Questo non significa però che già oggi non ci siano difficoltà, anzi. Perchè «la sola Provincia di Potenza, ad esempio, ha subito un taglio di 54 milioni di euro negli ultimi tre anni e altri se ne prevedono nei prossimi tre. E stiamo assistendo a un braccio di ferro tra il governo e le Regioni sulla copertura dei costi della riforma».
Una riforma nata davvero male, in cui le diverse competenze che detenevano le Province vengono suddivise in “fondamentali” e “non fondamentali”. E da questa suddivisione dipende poi anche il destino dei dipendenti. Perchè quelli che si occupano delle competenze “fondamentali” – Ambiente, Edilizia scolastica, Viabilità – restano dipendenti di quest’Ente di area vasta che ha preso il posto delle vecchie Province.
Ci sono poi le competenze “non fondamentali” e i relativi dipendenti. E la situazione qui in Basilicata – spiega Guglielmi – non sarebbe neppure così drammatica. Perchè in moltissimi sono vicini all’età pensionabile e alla fine del processo di riforma entreranno direttamente in un altro regime, quello del prepensionamento.
Più o meno – ha calcolato Laurino – ci dovrebbero essere 105 pensionamenti tra i i “fondamentali”, 70 tra i “non fondamentali”.
Resterebbero “senza capo” 218 dipendenti in totale tra le due Province, a cui andrebbero sommate poi le 174 unità “congelate” (Polizia provinciale e Mercato del lavoro), del cui futuro ancora non si è deciso.
Insomma un pasticcio, di formule, decreti, numeri e tentativi. Per i quali ora i sindacati chiedono chiarezza. «Ma attenzione – dice Pennacchia – non solo per una questione occupazionale – ma anche e soprattutto per i servizi. Chi è oggi il responsabile istituzionale di un disservizio?». Difficile dirlo. Come difficile per il momento è capire cosa accadrà nei prossimi mesi.
I sindacati intanto una prima soluzione la propongono: l’assunzione da parte della Regione che, invece, non sembra averne intenzione. Perchè – spiegano – di quei 218 esuberi ben 150 (quelli che operano nella Formazione) si possono direttamente pagare con il Fondo sociale europeo. Questo significa che la Regione Basilicata farebbe un’operazione a costo zero. Ci si dovrebbe caricare gli oneri solo di 68 dipendenti, divisi tra le due Province. Un costo, si calcola, di circa 3 milioni.
Certo resterebbe aperta la questione delle unità “congelate”, per cui delle proposte pure ci sarebbero. Per esempio si prospettava la possibilità di far assorbire il personale della Polizia provinciale da quello della Polizia locale. Ma i Comuni si accollerebbero poi questa spesa? Quindi garbugli su garbugli. Fatti da un Governo che, evidentemente, si è voluto giocare la carta propagandistica senza però mettere nero su bianco un quadro normativo chiaro e certo. E a pagarne le spese saranno i cittadini, che vedranno pian piano scemare i servizi. E il personale di un Ente che, dalla mattina alla sera, si è deciso di cancellare. Senza pensare alle conseguenze pratiche sulla vita di migliaia di persone in tutto il Paese. 

a.giacummo@luedi.it

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE