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PATERNO – Beni confiscati in Italia. A Paterno ci sono undici beni immobili e due aziende sequestrati alle mafie mentre a Palazzo San Gervasio tre immobili.

I beni immobili quali appartamenti, ville, terreni edificabili o agricoli hanno un alto valore simbolico, perché rappresentano in modo concreto il potere che il boss può esercitare sul territorio che lo circonda, e sono spesso i luoghi prescelti per gli incontri tra le diverse famiglie mafiose. Lo Stato può decidere di utilizzarli per “finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile” come recita la normativa, ovvero trasferirli al patrimonio del comune nel quale insistono. L’ente locale potrà poi amministrarli direttamente o assegnarli a titolo gratuito ad associazioni, comunità e organizzazioni di volontariato. Un caso particolare è rappresentato da quei luoghi confiscati per il reato di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti: il bene sarà assegnato preferibilmente ad associazioni e centri di recupero per persone tossicodipendenti.

Ma a Paterno e Palazzo san Gervasio quali sono esattamente? Da quanto tempo sono inutilizzati? A cosa potrebbero essere destinati? Un bene sequestrato alle mafie che non viene riutilizzato è una vittoria solo a metà. Anzi, è l’evidenza dell’impotenza o incapacità dello Stato di rimetterlo al servizio del territorio cui è stato sottratto. Al contrario, il suo riutilizzo è il segnale, anche simbolico, di quel riscatto collettivo che è fondamentale per la lotta alla criminalità, una lotta civica e culturale prima ancora che poliziesca e giudiziaria.

Alcuni di questi spazi potrebbero essere destinati alle attività delle numerose associazioni di cittadini che operano sul territorio e che non di rado hanno difficoltà a trovare una “casa” stabile o adeguata, per le loro iniziative o semplicemente per riunirsi. Gli appartamenti idonei potrebbero poi essere assegnati, attraverso appositi bandi pubblici, per sostenere forme alternative di ospitalità turistica, come ad esempio il modello dell’albergo diffuso, promuovendo così anche l’imprenditoria locale, possibilmente giovanile. O, ancora, si potrebbe forse trovare una formula che ne consenta un uso abitativo da destinare a specifiche categorie ad esempio alle giovani coppie che rispondano a determinati requisiti.

In un recente seminario di studio Roberto Garofoli, magistrato e Capo di Gabinetto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha messo in evidenza la centralità, anche nella prospettiva della ripresa economica del Paese e del Mezzogiorno in particolare, di una più efficace e coordinata politica di contrasto ai fenomeni criminali, in un’ottica non solo repressiva ma sociale ed economica. «La criminalità organizzata è ormai un attore economico, come dimostrano i dati relativi ai ricavi delle mafie che equivalgono ad alcuni punti di Pil, con 25 miliardi di euro dal solo traffico di stupefacenti, alle confische per 1.3 miliardi in un solo anno. Un attore che compromette la ripresa, con un effetto freno soprattutto sul Mezzogiorno, rilevato anche dalla Banca d’Italia». Mafie che mutano «in continua evoluzione. Le più recenti evidenze investigative dimostrano la loro capacità di insinuarsi nel tessuto economico, politico ed istituzionale, poiché il “metodo mafioso” non è più affidato al solo uso della violenza ma anche all’utilizzo sistematico dell’arma della corruttela».

In questa legislatura, ha sottolineato Garofoli, che è stato anche presidente della Commissione per l’elaborazione di misure di contrasto, anche patrimoniale, alla criminalità di cui facevano parte tra gli altri i magistrati Raffaele Cantone e Nicola Gratteri «è stato introdotto l’importante reato di autoriciclaggio e rivisto quello di scambio elettorale. E’ ora necessario rafforzare la politica e la legislazione di contrasto non repressivo, intervenendo su alcune gravi criticità che ancora si registrano nella gestione e destinazione dei beni e delle aziende sequestrate alle mafie. Ridarli alla società e ai territori, facendone leva di sviluppo, è un’occasione di riaffermazione positiva della legalità oltre che di fondamentale rilancio economico e sociale. Sprecare questa occasione è un boomerang per lo Stato».

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