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COSENZA – Resta in carcere Giuseppe Franco, il militare accusato di avere violentato quattro giorni fa a Roma una ragazzina di quindici anni (LEGGI LA NOTIZIA). Lo ha deciso il gip Giacomo Ebner accogliendo le richieste del pm Eugenio Albamonte ed emettendo una ordinanza di custodia cautelare in carcere. I reati a carico dell’uomo sono violenza sessuale e sostituzione di persona. Quest’ultima accusa perché Franco avrebbe avvicinato la ragazzina spacciandosi per agente di polizia, una accusa che l’uomo nega sostenendo di aver mostrato solo il suo tesserino militare. 

IL VIDEO DELL’ARRESTO DEL MILITARE CALABRESE

Il gip sostiene che esiste il pericolo di fuga e di reiterazione del reato, spiegando che Franco avrebbe pianificato tutto. Per il gip «si ritengono sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato». Secondo il giudice «sussiste il pericolo di reiterazione dei reati» alla luce del fatto che Franco «sembra aver pianificato la violenza. Ha individuato una ragazza palesemente minorenne, ha esibito un tesserino per accreditarsi come rappresentante delle forze dell’ordine e ha persuaso la minore esercitando la forza solo nei momenti in cui la ragazzina tentava di ribellarsi». 

LE FOTO DELL’ARRESTO DI GIUSEPPE FRANCO

L’uomo ha «senz’altro ha approfittato dell’orario notturno e del luogo in cui appartarsi, da lui «senza dubbio conosciuto». Per il gip Ebner sussiste anche il pericolo di fuga tenuto conto che il militare «ha cercato di far perdere le proprie tracce e che avendo fatto numerose missioni all’estero potrebbe conoscere i luoghi in cui rifugiarsi».

Nel corso dell’interrogatorio, Giuseppe Franco avrebbe confermato al giudice quanto già riferito all’atto dell’arresto, in questura. Ovvero, che il rapporto sessuale con la quindicenne sarebbe stato consensuale escludendo, quindi, ogni forma di violenza e tantomeno di stupro. Questo è quanto va accertato per giungere alla verità. «Certo è – ci riferisce l’avvocato Ninni Parise mentre rientra da Roma -, che non è mai capitato che uno stupratore riaccompagnasse sul posto dell’adescamento la sua vittima».

Di fatto, come documentato anche dalla telecamera di un esercizio commerciale nei pressi di Piazzale Clodio, Giuseppe Franco riaccompagnava la ragazzina in Via Bafile e scappa via solo dopo aver udito urlare una donna e visto avvicinarsi a lui, con fare minaccioso, quattro adulti. Probabilmente, preso dal panico, è scappato facendo perdere le tracce. Come si ricorderà è stata la bicicletta che il militare della Marina aveva lasciata incatenata ad un palo, a consentire agli uomini della Squadra mobile di bloccare, verso l’una di notte, il fratello che si era recato sul posto per recuperare il mezzo. Da li, dopo una serie di scuse e negazioni, il fratello minore di Giuseppe Franco ha confessato e consentito l’arresto del militare, trovato dalla polizia a casa del fratello. Tra l’altro, il fratello minore di Giuseppe Franco è stato denunciato a piede libero per favoreggiamento.

«Ci sono alcuni punti – riferisce ancora l’avvocato Parise – quantomeno controversi». Quali? «Intanto – aggiunge il legale – dalla visita medica e ginecologica eseguita sulla ragazzina, non sono stati riscontrati segni di violenza. Se si fosse trattato di uno stupro, qualche livido, abrasione, escoriazione, sarebbe saltata fuori». Ed ancora, Ninni Parise aggiunge: «Il mio assistito ha dichiarato al giudice che la minorenne era consenziente tant’è che ha espressamente preteso un rapporto contro natura per preservare la sua illibatezza. Nonostante ciò, dalle visite mediche non c’è traccia di violenza». Dunque, tutto da chiarire ed appurare. «Sono certo – ha concluso Parise – che la verità, prima o poi, verrà a galla».

La giovane vittima ha dichiarato al “Messaggero” che il militare «ripeteva che se avessi urlato o mi fossi mossa mi avrebbe fatto del male e poi lo avrebbe fatto anche alle mie amiche». Non solo, a verbale sono anche altre dichiarazioni della minorenne che ha raccontato di avere cercato di scappare ma di essere stata immediatamente ripresa, gettata per terra e violentata mentre il suo aggressore le ripeteva di non parlare con nessuno di quanto stava accadendo altrimenti l’avrebbe uccisa. La ragazzina avrebbe anche dichiarato che a quel punto «non sono riuscita a fare altro se non sperare che quell’incubo finisse».

Al vaglio di inquirenti ed investigatori anche i telefoni di Giuseppe Franco e del fratello, al fine di esaminare le comunicazioni intercorse dopo il fatto. Ed ancora, una consulenza sarà disposta sull’abito indossato dalla giovane al momento dell’aggressione. Da tutto ciò si evince che inquirenti ed investigatori non intendono trascurare alcuna pista che possa portare alla verità.

 

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