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POTENZA – Per quella ragazza morta a Tinchi, il 19 luglio di 22 anni fa, era stato condannato soltanto al risarcimento del danno. Per questo aveva pensato di presentato la parcella del suo avvocato all’ex Usl 5 di Montalbano Jonico, ottenendo un decreto ingiuntivo da 20mila euro. Ma il Tribunale di Matera gli ha detto no.

Non avrà il rimborso per le spese legali sostenute l’ex responsabile dell’unità semplice di chirurgia dell’ospedale di Tinchi, Paolo Giannasio, 67enne di Aliano.

Lo ha stabiliuto il giudice Tiziana Caradonio che nei giorni scorsi ha depositato la decisione sull’opposizione intentata dalla vecchia Usl contro il decreto ingiuntivo del medico.

«Corre l’obbligo di evinziare – spiega la sentenza – che l’odierno opposto non è stato totalmente assolto dai fatti contestatigli. Infatti in ordine al reato di omissione di soccorso il procedimento penale si è concluso con la declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, previo accertamento della colpevolezza dell’imputato. Difatti nella sentenza penale di primo grado, confermata sul punto nei successivi gradi di giudizio, si legge: “Con riferimento alla vicenda oggetto di giudizio non appare invero revocabile in dubbio che i due sanitari Giannario e B., rispettivamente medico di guardia e il pomeriggio del giorno 19 luglio 1992 e medico in servizio di reperibilità il pomeriggio e la notte dello stesso giorno, abbiano omesso di intervenire visitando la paziente, constatando le reali condizioni di salute della stessae prescrivendo una terapia adeguata a tali condizioni, sebbene entrambi, sia pure in occasioni parzialmente diverse, fossero stati a tanto sollecitati dai parenti della paziente o dal personale infermieristico e da questi resi edotti delle preoccupanti condizioni di salute della malata».

Quanto invece all’accusa di omicidio colposo la Corte d’appello di Potenza da un lato avrebbe assolto Giannario con formula piena, ma dall’altro l’avrebbe comunque condannato al risarcire i familiari della paziente morta, una decisione che secondo il Tribunale di Matera «comporta una valutazione incidentale della sussistenza del fatto – reato da cui è scaturito l danno, suffieciente a escludere il diritto al rimborso delle spese sostenute per la difesa in giudizio.

Stesso discorso per l’ultima accusa, che era quella di abuso d’ufficio, per cui c’è stata assoluzione con formula piena ma è strettamente connessa alle precedenti anche «in puntio di rimborso delle spese legali».

«Secondo l’impianto accusatorio – spiega ancora Caradonio – Giannasio avrebbe omesso di aggiornare la cartella clinica della paziente, rendendo difficoltosa la ricostruzione del decorso clinico al fine di conseguire l’impunità dagli altri reati contestati». Ma se quelli cadono la stessa sorte tocca anche a questo, fermo restando che il rimborso delle spese legali non può essere negato per i primi due e ammesso soltato per il terzo, dato che è impossibile «evincere in che misura il capo d’imputazione in esame abbia inciso sulle complessive spese richieste dal legale per l’intera attività difensiva svolta in favore dell’imputato nel primo e secondo grado di giudizio».

In conclusione «l’assunzione da parte dell’Usl dell’onere delle spese legali e di difesa sostenute dal dipendente, sottoposto a un giudizio penale avviato per i fatti connessi all’espletamento dei compiti d’ufficio, è condizionata all’insussistenza di un conflitto d’interessi tra il dipendente stesso e l’ente».

Questo è il principio ribadito dal Tribunale di Matera. Almeno fino a quando per ipotesi non si mettano d’accordo per avvalersi della prescrizione, cosa che in questo caso non è avvenuta.

l.amato@luedi.it

 

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