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Le versioni rese dal giudice Vincenzo Giglio sono contrastanti rispetto a quelle dell’avvocato Vincenzo Minasi e di Giulio Lampada; il primo ha sostenuto che negli incontri con gli stessi fratelli Lampada si parlava «solo di politicà, gli altri due lo hanno smentito. È quanto emerge dagli interrogatori del 2 e 3 dicembre scorsi davanti a Giuseppe Gennari, il gip di Milano che ha firmato i provvedimenti che due settimane fa hanno portato in carcere il magistrato, il legale, i due imprenditori accusati di essere esponenti del clan Valle-Lampada, il consigliere della Calabria Francesco Morelli e altre persone.
Giglio, che si è visto respingere dal giudice una richiesta di scarcerazione perchè «l’esito degli interrogatori di garanzia hanno determinato un peggioramento del quadro indiziario» e per il suo «atteggiamento di totale e non veritiera chiusura» che dimostra «l’assenza di volontà di revisione critica», ha negato di aver mai parlato con i due boss di inchieste o procedimenti avviati nei loro confronti. “In occasione dell’incontro del 14/17 aprile(2010, ndr)- ha affermato – si è parlato solo di politica come nelle precedenti occasioni. Escludo che Lampada mi abbia chiesto consigli di sorta in relazione a misure di prevenzione».
Ben diverse le dichiarazioni di Minasi, che ha ammesso: «Per quanto riguarda il giudice Giglio, so che Lampada si recava da lui e ritornava da me dicendo che il presidente (della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, ndr) aveva riferito che non c’erano problemi. Visto anche il timore di indagini che avevo nei miei confronti, insistevo con Lampada perchè chiedesse qualsiasi tipo di informazione».
E sulla stessa linea Giulio Lampada che, nell’interrogatorio, ha ricordato di essere andato da Giglio per chiedere «come potevo fare per essere ascoltato dalla Procura di Reggio Calabria e che cosa dovevo fare per chiarire la mia posizione». E dopo aver precisato di essere andato «in più di una occasione» da Giglio, il quale però non «ci ha dato informazioni ma consigli», l’imprenditore-boss ha aggiunto: «Noi eravamo solo alla ricerca di sapere se potevamo avere informazioni su indagini per reati fiscali».

LA VERSIONE DI MORELLI
«Dopo le elezioni di marzo 2010 il mio risultato elettorale mi indicava come destinatario di un incarico di governo, ma Scopelliti parlando con alcune persone e con lo stesso Alemanno aveva detto che avevo rapporti con organizzazioni criminali e per questo non poteva confermarmi l’incarico». Lo ha detto Francesco Morelli, il consigliere regionale della Calabria arrestato lo scorso 30 novembre nell’ambito dell’operazione della Dda di Milano contro la ‘ndrangheta, al gip di Milano Giuseppe Gennari durante l’interrogatorio di garanzia.
«Io mi attivai immediatamente – ha aggiunto – con tranquillità d’animo perchè erano tutte notizie false. Chiesi anche a Enzo Giglio magistrato di vedere se c’era qualcosa a Reggio, se ci fosse stata una qualsiasi indagine a mio carico perchè sarei andato immediatamente a chiarire subito. Nel fax che la moglie di Giglio mi mandò il giorno 19 aprile, Giglio mi scrisse che al tribunale di Reggio non c’era nulla e mi consigliava di rivolgermi ad un legale per scrivere alle Procure di Reggio, Catanzaro e Milano ed eventualmente anche a Cosenza. La frase di Giglio in cui mi dice che comunque non c’era nulla riguardava il Tribunale e comunque non era tranquillizzante per me perchè il giudice mi invitava a rivolgermi anche alle procura». Nel corso dell’interrogatorio Morelli evidenzia inoltre di aver «chiesto di inviarmi un fax perchè avevo bisogno di un pezzo di carta da sbandierare ad Alemanno. Per questo l’invito a rivolgermi ad altre Procure non era tranquillizzante».

GIGLIO SOSPESO DALLE SUE FUNZIONI
La Sezione Disciplinare del Csm, nella seduta odierna, su richiesta del ministro della Giustizia e del procuratore generale presso la Corte di Cassazione, ha sospeso dalle funzioni e dallo stipendio il dott. Vincenzo Giglio, presidente della Sezione per le Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria. Ha altresì sospeso, si legge in una nota del Csm, dalle funzioni e dallo stipendio, su richiesta del procuratore generale presso la Corte di Cassazione, il dott. Giancarlo Giusti, giudice presso il Tribunale di Reggio Calabria.

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