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Le aperture di Renzi sui premi ai docenti, nel giorno della grande manifestazione contro il decreto sulla Buona Scuola (nelle piazze italiane mezzo milione di persone), l’inchiesta su Mediaset per il caso RayWay (la Procura di Milano sospetta arricchimenti illeciti, l’ipotesi di reato è aggiotaggio), ma anche la Juve che vince di misura nella semifinale di Champions contro il Real Madrid a Torino, la Biennale di Venezia. Ma oggi colpisce in molti quotidiani la pagina di pubblicità comprata dal colosso Rolex per chiedere formalmente delle scuse al governo dopo la frase di Renzi e Alfano che avevano definito i devastatori del centro di Milano «figli di papà col Rolex». Sul caso, decisamente senza precedenti nel giornalismo italiano, un simpatico Buongiorno di Massimo Gramellini sulla prima pagina della Stampa
Piccole grandi storie sulla libertà di espressione, anche fuori dal giornalismo. In questi giorni tiene banco la vicenda dell’Unità (ieri ne ha scritto il Corriere della Sera, mentre oggi segnaliamo un interessante pezzo di Sebastiano Messina su Repubblica, dopo la conferenza stampa di ieri alla Camera), con giornalisti e direttori a rischio pignoramenti per le richieste di risarcimento cui l’editore, la società Nie, non riesce a fare fronte causa fallimento (nonostante i 60 milioni di finanziamenti pubblici raccolto in quasi 15 anni). E qualche seguito lo avranno pure le frasi di Ferruccio de Bortoli sul conflittuale rapporto con il premier, definito da ultimo «maleducato di talento» nell’editoriale di saluto da direttore del Corsera [1]. Ancora cronisti in prima linea e minacce: Sandro Ruotolo è sotto scorta (qui l’articolo del Fatto Quotidiano). «’O vogl’ squartat’ viv’» è stata la minaccia del capo dei Casalesi direttamente dal carcere. Per questo il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, ha deciso la protezione per il giornalista televisivo. Nel mirino di Zagaria un reportage realizzato per Servizio Pubblico e, in particolare, un’intervista al pentito Carmine Schiavone. Secondo Rosy Bindi (Commissione antimafia) è «rischio la libertà d’informazione»[2].
E proprio sul tema giornalisti minacciati, sarà nelle sale dal 14 maggio in 50 copie il film “Nomi e cognomi” (regia Sebastiano Rizzo, Draka production), tutto pugliese, con Enrico Lo Verso e Maria Grazia Cucinotta, che presentando la pellicola ha detto «La distribuzione in Italia è una mafia totale, io l’ho visto anche con i miei film: essere indipendente è molto complicato»; sul grande schermo le storie del siciliano Pippo Fava (a lui e a Peppino Impastato, voci libere contro la mafia, stasera alle 21.30 Rai Storia dedica un documentario) e del napoletano Giancarlo Siani, della russa Anna Politkovskaja e dei tanti che hanno pagato con la vita la ricerca della verità. Restando in tema cinema, emerge uno scenario in chiaroscuro dai dati diffusi da Anica e MiBact: nel 2014 si sono prodotti più film italiani (201) ma il pubblico è meno interessato a vederli (-8% nei primi tre mesi del 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014). Le cause? Il numero minore di sale cittadine e la scarsa programmazione di nostri film in tv. «Altro fattore – ironizza, ma neanche tanto, la Gazzetta del Mezzogiorno – è mancato Checco Zalone che l’anno scorso era al top con “Sole a catinelle”».
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[1] Da oggi De Bortoli (vincolato a un patto di non concorrenza che gli impedirà di assumere altri incarichi presso testate italiane per un anno, patto che però non vale per testate straniere) ha iniziato la sua collaborazione con il Corriere del Ticino. «Tra il Corriere della Sera e il Corriere del Ticino ci sono legami storici solidissimi e in questi anni ho avuto grande considerazione per l’eccellenza giornalistica del Corriere del Ticino. Sono molto contento di potervi collaborare», ha dichiarato.
[2] Su www.primaonline.it il rapporto di Freedom House sulla libertà d’infomazione nel mondo (l’Italia si riconferma 65esima).

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