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COSENZA – Non è solo il verbale choc di Mattia Pulicanò a suscitare allarme sull’esistenza di una “terra dei fuochi” in provincia di Cosenza (LEGGI LA NOTIZIA). Da un po’ di tempo, infatti, gli inquirenti hanno in mano anche un’intercettazione ambientale in cui un boss della malavita locale, prospetta a un suo congiunto la possibilità di smaltire un carico di rifiuti tossici provenienti dall’estero. Quella captazione rappresenta un tassello importante che potrebbe valere da parziale riscontro alle indicazioni date da Pulicanò. Quest’ultimo, infatti, riferisce di un interramento di rifiuti tossici avvenuto «quindici o vent’anni fa», ma anche di un’operazione analoga, mediata da ditte venete ed emiliane collegate alla Camorra di Casal di Principe, che avrebbe dovuto realizzarsi nel 2012.

L’intercettazione – attualmente secretata dagli inquirenti – risale invece a due anni più tardi. Non si tratterebbe dunque dello stesso carico di veleni, ma la specularità dei due racconti rafforza il sospetto che l’asse dei veleni Europa-Campania-Calabria sia molto più di una semplice leggenda. Certo, Pulicanò potrebbe essersi inventato tutto, raccontando una storia a effetto per accreditarsi agli occhi degli inquirenti, ma a ben vedere non ne aveva alcun bisogno. Il giovane Mattia, infatti, non era figura di vertice all’interno del clan Lanzino, occupandosi quasi esclusivamente dello spaccio di stupefacenti nella parte di provincia cosentina di sua competenza (Montalto e paesi limitrofi, tra cui anche l’ormai pluricitata Lattarico). Tuttavia, a partire dal giorno del suo pentimento, ha fornito una descrizione degli attuali assetti del crimine cosentino che ha trovato conferma sia in successive attività d’indagine, sia nelle confessioni di altri che, dopo di lui, hanno iniziato a collaborare con la giustizia.

Pulicanò, tanto per dirne una, è stato fra i primi a tratteggiare la spaccatura sorta all’interno del clan dei nomadi cosentini, svelando anche i contorni di un progetto omicidiario, poi non andato in porto, al quale egli stesso avrebbe dovuto prender parte. Le sue dichiarazioni, inoltre, sono state ritenute utili a riscontrare quelle fornite da altri pentiti in merito all’uccisione del boss Luca Bruni, consumata nel gennaio 2012. Fin qui, dunque, Mattia Pulicanò è stato ritenuto sempre attendibile dai magistrati.

Sembra una buona notizia, ma date le circostanze, c’è poco di che rallegrarsi.

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