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REGGIO CALABRIA – I carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Reggio Calabria stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del tribunale locale, nei confronti di 26 soggetti legati alla ‘ndrangheta nelle sue articolazioni territoriali operanti nei mandamenti jonico, tirrenico e metropolitano della provincia di Reggio e in Piemonte. Al centro dell’indagine, che prende il nome di “Reale 5”, il circuito di alleanze della cosca Pelle di San Luca, per la gestione dei traffici illeciti e sostegno logistico ai latitanti, tra cui il noto boss Antonio Pelle «gambazza», arrestato dal Ros nel giugno del 2009. I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che sarà tenuta presso il comando provinciale di Reggio alle ore 11.00. C’è anche la moglie del defunto boss Antonio Pelle, detto «Gambazza», capo carismatco dell’omonima cosca di San Luca (Rc), fra le 26 persone arrestate stamane nell’ambito dell’operazione dei Carabinieri “Reale 5”. Dei 26 arrestati 9 sono già detenuti per altra causa. Due arresti sono stati effettuati in Piemonte. Altre 2 persone, invece, sono state condotte agli arresti domiciliari. 

I boss della cosca Pelle di San Luca potevano contare su alleanze trasversali con altre famiglie mafiose che coprivano tutti i tre “mandamenti” della provincia di Reggio Calabria e in Piemonte, confermando così il carattere unitario della ‘ndrangheta e il potere acquisito nel tempo dalla cosca. È quanto emerso dall’inchiesta Reale 5, le alleanze garantivano di trattare ogni tipo di questione: dalla pianificazione di truffe e rapine, fino al sostegno logistico per i latitanti. Rappresentanti delle cosche del versante jonico si recavano assiduamente a casa di Giuseppe Pelle per affrontare i dissidi interni ai «locali» di loro appartenenza e, al contempo, ribadire il loro incondizionato «rispetto» nei confronti della potente famiglia di San Luca. «Noi – dice uno di loro in un dialogo intercettato – siamo stati sempre una famiglia. A compare Antonio e a tutta la famiglia, a uno per uno dal più piccolo al più grande. Mi sono sentito che siamo un’unica  famiglia».

Il 26 febbraio 2008 i carabinieri perquisirono la storica roccaforte della famiglia Pelle, in contrada Ricciolio del comune di Benestare. Le operazioni si protrassero per 3 giorni e permisero la scoperta di tre bunker. L’anziano boss, però, era già fuggito poco prima dell’arrivo dei militari. Nel pieno delle operazioni di perquisizione, i carabinieri registrarono anche una sospetta conversazione tra la moglie e la figlia del vecchio boss. «Ringraziamo l’anima dei morti… – si legge nel tabulato – o è crepato o se lo sono portato. Non è che poteva reggere tutte quelle ore la dentro!». La ‘ndrina dei Pelle era riuscita a gestire «in totale sicurezza e con una articolata rete di supporto la latitanza del defunto boss Antonio Pelle (detto Gambazza). Lo Scrive il Gip che ha emesso i 26 provvedimenti cautelari. Dall’indagine è emerso che, dopo un periodo trascorso nei bunker di contrada Ricciolio, di Benestare, Pelle era stato ospitato a Natile di Careri, per poi essere trasferito in provincia di Cuneo. Infine, dal dicembre 2008 e sino all’aprile-maggio 2009 Antonio Pelle era stato nascosto a Santo Stefano in Aspromonte, nel reggino. 

Antonio Pelle detto Ntoni Gambazza è stato condannato definitivamente a 26 anni per traffico di stupefacenti e associazione a delinquere di stampo mafioso. Con un blitz dai carabinieri in provincia di Reggio Calabria, a Polistena viene arrestato il 12 giugno 2009 dopo circa 9 anni di latitanza. Si trovava all’ospedale per curare un’ernia strozzata. Alla cattura ha detto: “È tutto finito, è tutto finito”. Antonio Pelle morirà a 77 anni la mattina del 4 novembre 2009 presso l’ospedale di Locri dov’era stato ricoverato la notte del 3 novembre, in seguito ad un infarto.

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