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POTENZA – Non è il primo passo indietro chiesto al governo nazionale in materia di riforme. Ma dopo la querelle intestina al Pd questa volta il no a Renzi arriva dal sindacato. Si parla della “Buona scuola”. La riforma immaginata dal premier Matteo Renzi. I sindacati non ci stanno e oggi manifesteranno in piazza. Nel Sud a Bari.
Anche il segretario della Cgil di Basilicata, Angelo Summa non si fa pregare e tuona: «Non possiamo e non vogliamo più assistere a un progetto che al netto delle riforme trasforma alle basi il concetto di società. In particolare il Governo pensa di poter rivoluzionare il sistema della conoscenza e dell’istruzione utilizzando il metodo delle deleghe governative. Non spiegando oltretutto in maniera precisa quello che intende fare ma adottando un metodo politico fatto di slogan e che nasconde una serie di norme vaghe, se non sbagliate del tutto».

Insomma prima Jobs act e articolo 18, poi riforma elettorale e ora Riforma della Scuola. Su questo però scendete in piazza…

«Non ci piace quello già fatto. E lo abbiamo già dichiarato. Ma sulla scuola posso senz’altro dire che una riforma così importante che entra nella formazione delle prossime generazioni che non può essere affrontata a cuor leggero. Problematiche così importanti richiedono più approfondimenti, un ampio dibattito e una concertazione tra politica e organizzazione sindacali e lavoratori. Insomma non si può decidere tutto con un’accelerazione parlamentare senza sentire il parere e i consigli di chi vive e rappresenta quel mondo della scuola così complesso e ricco. Chi sta in alto non conosce la realtà come chi la vive quotidianamente».

Qual è il punto che meno vi piace del progetto “Buona scuola” di Renzi?

«Sono diverse le cose che non ci piacciono e non condividiamo. Ma più di tutto il metodo: decidere in maniera unilaterale di eliminare ogni forma di partecipazione e collegialità sulle scelte e mettere tutto in mano alla figura del preside – manager mi pare gravissimo. Si eliminano in un colpo solo conquiste maturate in decenni di lotte e confronti. Renzi, secondo me, sta gettando la maschera. Ha in mente una visione politica basata essenzialmente sulla velocità e sul decisionismo. Ma la scuola è un ambito complesso. Non si può cambiare un sistema e attuare una riforma scolastica senza valutarne gli impatti sulla nostra società. Noi a questo ci opponiamo».

E poi?

«Il disegno di legge mi pare una deriva che trasformerebbe la scuola, così come l’abbiamo conosciuta, in una nuova forma tutta appiattita su un’idea di scuola aziendalistica e produttivistica. Con l’aggravante, mi pare, che non ci sia voglia di investire le risorse che sarebbero invece necessarie per rendere la scuola italiana più moderna ed europea».

Intanto Renzi insiste sulla portata “rivoluzionaria” del provvedimento, parlando dell’introduzione del principio di meritocrazia nel sistema scolastico. Non è così?

«Ma quale rivoluzione. Si tratta semplicemente di un arretramento culturale: la buona scuola è cooperazione didattica, scambio reciproco, verifica dei saperi, percorsi interdisciplinari, formazione permanente, contrasto alla dispersione scolastica. Nel disegno di legge del Governo non c’è traccia di tutto questo. E onestamente mi sembra anche abbastanza demagogico parlare di meritocrazia in questo caso. Sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici».

Cioè?

«Diciamo che trovo abusato e mal coniugato rispetto, alla riforma di Renzi sulla scuola, il termine meritocrazia”. Sarebbe meglio parlare di qualità e capacità. La scuola dovrebbe mettere in condizione tutti di emergere in un modello inclusivo che non lasci dietro niente. Nel disegno di legge di Renzi non c’è nulla su questo. Eppure secondo le tabelle internazioni la scuola italiana è la più diseguale d’Europa dove i rendimenti scolastici solo molto legati alle condizioni socioeconomiche della famiglia di provenienza».

E sulla figura del preside – sceriffo come si legge sulla stampa nazionale, lei cosa pensa?

«Dico che è altamente sbagliato concentrare, in maniera verticistica, il potere decisionale nelle mani del dirigente scolastico. I presidi diventeranno, secondo le idee di Renzi, i veri proprietari del plesso scolastico con la facoltà arbitraria, e insisto su arbitraria, di scegliere e valutare gli insegnanti. Senza criteri oggettivi sarebbero facile le derive sbagliate con il rischio aggiuntivo di far entrare gli stessi docenti in competizione tra loro e rendere il percorso formativo legato solo ai risultati. Come una gara. . Insomma è altissimo il rischio di assistere al comando assoluto di un uomo solo e al contemporaneo svuotamento degli organi collegiali relegati ad una residuale funzione consultiva».

Intanto Renzi dice che così si stabilizzeranno tantissimi precari…

«Onestamente non vedo un serio piano di assunzioni per gli insegnanti che in questi anni hanno maturato esperienza e scatti di anzianità. Mi pare, invece, che il Governo tamponi l’emergenza senza mettere in campo una reale soluzione al dramma della precarietà. La verità è che il Governo è costretto da una sentenza della Corte europea a stabilizzare i precari. E credo che si sia scelto di fare il minimo possibile».

Tema finanziamenti e investimenti. Anche in questo caso il Governo parla di miracolo. Non è così?

«Veniamo da anni di tagli drastici alla scuola. Peggio del passato non si poteva fare. Credo che i fondi previsti non siano ancora sufficienti: manca un piano nazionale di investimento, la scuola pubblica serve a tutti. E invece si trovano molti soldi per le scuole private parificate…».

s.santoro@luedi.it

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