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di SARA LORUSSO
POTENZA – Ma quale oppositore, «sono e resto uomo di maggioranza». Certo, le cose, Nicola Benedetto, non le manda a dire. Né si nega dopo aver provocato un piccolo terremoto in maggioranza. «E perché dovrei, io non ho bisogno di sistemare nessuno, ho solo detto quello che ritengo lo stato reale dei fatti». No, non le manda a dire.
Capogruppo Idv in consiglio regionale, non trova poi tanto poco ortodosso aver criticato duramente il contenuto dell’agenda di settembre, consegnata dal governatore Vito De Filippo nella conferenza stampa pre-ferie. «Nulla di nuovo» tra gli impegni proposti dal governo lucano, a dispetto di ben più urgenti priorità.
E tanto per essere sicuro che il messaggio arrivasse, Benedetto lo ha scritto nero su bianco, costringendo il suo segretario regionale, l’assessore «esterno» alla Formazione, Rosa Mastrosimone, a prendere le distanze dal punto di vista. De Filippo sulla questione era stato irremovibile. E Benedetto? Ha contro-replicato, sempre a mezzo nota, perché, in fondo, «non c’è nessuna tensione con la Mastrosimone, l’ho scritto e lo ribadisco. La capisco». L’assessore deve difendere il posto e l’operato dell’esecutivo di cui è parte. Mentre Benedetto deve difendere, dice, «solo il mandato consiliare a cui sono stato chiamato dagli elettori. Sarò anche un neofita della politica, ma in poco più di un anno credo di averci messo grande amore».
Con quel carattere («ce l’ho da sempre, altrimenti non sarei diventato un imprenditore di successo, che regge alla peggiore crisi economica») forse è anche contento di aver dato «la sveglia» al governo De Filippo.
E poi, a sentire il riscontro di buon mattino, «le gente è contenta, dice che finalmente qualcuno spiega come stanno le cose». La maggioranza è un impegno politico, «non di sottomissione». Che poi, a ben guardare, tutto questo rizelarsi non lo comprende. «Io ho fatto proposte concrete, serie, che c’è di male? Invece si continua a discutere di come accontentare i grandi entourage». Ecco, la differenza, dice, sta tutta qui. «Io non ho bisogno né di altri incarichi, né di postazioni. Devo dare conto agli elettori». E alla sua coscienza. «Devo poter andare a letto tranquillo. I cittadini sanno che non stiamo facendo niente come governo, si lamentano, mi incontrano e mi dicono: pure tu tra loro? Io non posso accettarlo».
Il lavoro, ne sa qualcosa per le migliaia di richieste che riceve, è l’assillo che si somma ad altre mille problemi della popolazione. «Qui, in Regione, si discute solo di nomine negli enti e sanità. Quasi non ci fosse altro. Abbiamo investito i soldi del petrolio sulla sanità? Bene, ma mi devono spiegare perché ci vogliono mesi per un esame banale, ma importantissimo, come il pap-test».
Scusi, ma non le sembra di fare opposizione? «No, per favore. La chiami per quella che è: coerenza. Piuttosto sono gli altri a non volere una maggioranza critica».
No, proprio non le manda a dire. Come quando, pochi mesi dopo aver partecipato attivamente alla “rivolta popolare” (con tanto di scarpinata a piedi lungo la 106 Ionica) in difesa dell’ospedale di Tinchi, ha marcato la distanza dai colleghi di coalizione sul provvedimento che stabilisce il destino dell’Agrobios, l’ente sub regionale di ricerca in agricoltura. «Il presidente De Filippo ha il potere di liquidare l’ente dopo un mero tentativo di salvataggio. Io avevo chiesto di eliminare dal testo il termine “liquidazione”, prevedendo un ulteriore passaggio in consiglio regionale».
Dopo la scossa, l’assestamento sembra lontano. Da Idv arrivano voci distanti: ha fatto bene, oppure chiarisca. Benedetto, dal canto suo, non fa un passo indietro.
«Io resto dove sono, mi cacciassero loro». Sa bene che dopo la critica al governatore, ai piani alti dell’esecutivo lucano, potrebbero chiedere la sua testa al partito. «Davvero? Sono sicuro che se questa storia finisse sui tavoli nazionali dell’Idv, non ne uscirei male, anzi. Ho solo difeso gli interessi della comunità. Certe allusioni, invece, rischiano di trasformarsi in un boomerang per gli altri. Io non ho nessuno da sistemare, né qualcosa da salvaguardare, se non la mia credibilità».
Si racconta «innamorato» del partito in cui si è iscritto pensando che «dopo tante battaglie, adesso sia il tempo delle riforme». Per questo fa proposte. «Che c’è di male nei consigli? Se il governo ne accettasse qualcuno, sarei pronto anche a lasciarne il merito».
Riscrive, così, l’agenda in due o tre punti, concentrandosi su una porzione di territorio che conosce molto bene. «Avevo chiesto a De Filippo di assegnarmi una sorta di mini-delega sul Metapontino per tre priorità: aeroporto, ex Felandina e turismo».
Come? «Partendo dal presupposto che le piccole imprese reggono alla crisi meglio dei grandi pachidermi. Anche la Basilicata, regione piccola e con buone potenzialità, avrebbe dovuto reggere all’urto e rilanciarsi. Invece, ancora non abbiamo iniziato. Lo sa che non sappiamo neanche con certezza il numero dei disoccupati? Mai fatto un censimento, eppure lo avevo proposto».
Tra i consigli utili, uno pesa più di altri. «Cominciamo con lo scegliere le location giuste per le azioni. Ci si continua ad arrovellare sul distretto del Salotto, sulla Valbasento, mentre sarebbe il caso di pensare al “Quadrato verde”». Scusi? «Ha presente il chilometro rosso di Bergamo? Bene, pensi al Metapontino, all’ex Felandina e a quel finanziamento ancora bloccato al ministero per 85 milioni di euro. Penso a un’area fatta di aziende, imprese, turismo, agroalimentare a chilometro zero, ricerca, sostenibilità e una risposta anche per gli imprenditori oggi in crisi dopo le alluvioni». E sia chiaro, «non sto inventando l’acqua calda, sono esperienze che altrove in Italia hanno funzionato. Basta partire dalle cose semplici, a patto di saperle vedere».
Allora ecco che non è poi rassegnato sul destino della Basilicata. «Siamo ancora in tempo, la decrescita è appena cominciata. Se solo il governatore accettasse di seguire qualche consiglio..».

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