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MELFI continua a fare scuola. E notizia. Direttamente e indirettamente: traina la crescita del mercato europeo dell’auto (il +176% della Jeep Renegade a giugno rispetto a 12 mesi prima ha fatto correre Fca nel mercato europeo delle auto: +17,7); riscrive e aggiorna i rapporti di forza sindacato-azienda e tra sigle sindacali stesse; sovverte i legami Renzi-Confindustria nella sponda tra il premier e l’ad Marchionne disegnando un inedito asse Firenze-Detroit che passa proprio dallo stabilimento di San Nicola bypassando i Palazzi romani e milanesi.
Da ora, però, il “modello Melfi” diventa ancor più paradigma di lavoro flessibile ed entra nel lessico della Chiesa dalla porta principale: Papa Francesco, infatti, durante l’udienza generale su famiglia e lavoro, ieri ha dedicato – pur senza mai citare lo stabilimento lucano di Fca – un ampio passaggio al lavoro nei giorni di festa. Eccone la parte finale: «Quando il lavoro si distacca dall’alleanza di Dio con l’uomo e la donna, quando si separa dalle loro qualità spirituali, quando è in ostaggio della logica del solo profitto e disprezza gli affetti della vita, l’avvilimento dell’anima contamina tutto: anche l’aria, l’acqua, l’erba, il cibo… La vita civile si corrompe e l’habitat si guasta. E le conseguenze colpiscono soprattutto i più poveri e le famiglie più povere. La moderna organizzazione del lavoro mostra talvolta una pericolosa tendenza a considerare la famiglia un ingombro, un peso, una passività, per la produttività del lavoro. Ma domandiamoci: quale produttività? E per chi? La cosiddetta “città intelligente” è indubbiamente ricca di servizi e di organizzazione; però, ad esempio, è spesso ostile ai bambini e agli anziani. A volte chi progetta è interessato alla gestione di forza-lavoro individuale, da assemblare e utilizzare o scartare secondo la convenienza economica. La famiglia è un grande banco di prova. Quando l’organizzazione del lavoro la tiene in ostaggio, o addirittura ne ostacola il cammino, allora siamo sicuri che la società umana ha incominciato a lavorare contro se stessa!».
Ieri anche il Quotidiano, pubblicando per intero la sua lettera a Marchionne, ha dato ampio risalto alla notizia del vescovo di Melfi che chiedeva la sospensione del turno di produzione durante le ore festive delle Jeep Renegade e delle 500X nello stabilimento del Potentino («Sarebbe un miracolo senza intervento divino»). Le parole di ieri in Vaticano, come detto, non citano direttamente il caso Melfi ma s’inseriscono nel solco avviato da Bergoglio durante la sua recente visita in Sudamerica. Né quello di Gianfranco Todisco è stato il primo intervento di un alto prelato sulla questione del lavoro nei giorni festivi: l’altro ieri il vescovo della diocesi di Bolzano-Bressanone, Ivo Muser, era intervenuto ricordando le parole di Papa Francesco («non possiamo divenire schiavi del lavoro») rivolgendo a commercianti e politici un appello a tutela del riposo festivo anche a Ferragosto: «La domenica ed i nostri giorni di festa liberati dal lavoro non necessario, hanno un valore inestimabile da riscoprire e tutelare, anche contro ogni resistenza ed interesse privato, poiché apportano all’intera società un vantaggio. Abbiamo bisogno della domenica e dei nostri giorni di festa con le loro opportunità sociali, familiari, culturali e religiose. Come persone – ha aggiunto Muser – abbiamo bisogno di qualcosa in più, perché siamo più di ciò che consumiamo, di ciò che guadagniamo, di attività febbrile e di operosità senza pausa. La persona non può essere ridotta al fare, al consumo ed all’avere».
Nell’estate in cui l’argomento lavoro si declina con il dramma degli stagionali sottopagati (al San Carlo di Potenza, peraltro, da oltre 10 giorni è ricoverato in coma Arcangelo, bracciante di San Giorgio Jonico come Paola, raccoglitrice di uva morta il 13 luglio) o con il dibattito sui prof contrari al posto fisso lontano da casa, molti media, dal Tg3 nazionale all’homepage di Repubblica, collegano le parole del pontefice a quelle di Todisco: «Appena ventiquattro ore prima – scrive Andrea Gualtieri –, aveva pronunciato un appello in questo senso anche il vescovo di Melfi, che aveva inviato un messaggio al numero uno di Fca, Sergio Marchionne, chiedendogli di far riposare la domenica i lavoratori dello stabilimento lucano impegnato a produrre i veicoli Fiat: “Consegnare un’automobile con un giorno di ritardo non sconvolge il piano di produzione”, ha scritto il presule, sottolineando che non si tratta di “motivazioni di fede” ma di concedere ai dipendenti di trascorrere una giornata con la loro famiglia». La giornata deputata alla preghiera, oltre che al riposo.
È la stessa, calda, estate del segretario Cei Nunzio Galantino che dopo lo scontro con Salvini sui migranti ha aperto, l’altro ieri, un nuovo fronte sulla corruzione in politica. Ma dopo la lettera di Todisco a Marchionne e le frasi di Bergoglio, la politica lascia il posto al dibattito sulla famiglia e sul lavoro; è così che Melfi diventa una nuova Electrolux, altro caso estivo: il boom di commesse arrivate nello stabilimento della multinazionale svedese nel Trevigiano aveva spinto la società a chiedere un nuovo turno di straordinario volontario e, nonostante l’opposizione dei sindacati, una ventina di dipendenti ha accettato la proposta.
A Melfi quello del turno domenicale non sembra proprio il primo dei problemi, semmai ci sarebbe da parlare delle condizioni dei pendolari su gomma (loro malgrado, in assenza di un binario favoleggiato anche di recente) e di tanto altro. Non resta che attendere un anno, visto che Papa Francesco potrebbe essere in Basilicata tra agosto e settembre del 2016: forse sarebbe l’occasione migliore per tornare più esplicitamente sull’argomento.

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