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CROTONE – E’ stato scarcerato Antonio Musacchio, il 35enne di Cotronei arrestato con l’accusa di essere stato l’autista della banda che il 16 giugno scorso rapinò e ridusse in fin di vita il grossista di gioielli Luciano Colosimo nel suo negozio a Crotone. La scarcerazione sarebbe dovuta, da quanto si è potuto apprendere, ad un cavillo tecnico che nasce dal differente conteggio dei termini di custodia cautelare. L’uomo, infatti, è stato prima fermato, quasi nell’immediatezza dei fatti, e successivamente è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare. Una decisione, questa, che suscita molte perplessità ed ha lasciato sgomenta sia la comunità di Crotone, dove si è compiuta una delle più efferate rapine che si ricordi, che anche quella di Cotronei, dove l’uomo vive. La scarcerazione è arrivata nonostante il fatto che Musacchio abbia già ammesso le sue responsabilità nell’ambito della rapina ed abbia avviato un percorso di collaborazione con la giustizia. Il provvedimento è ancora più incredibile se si pensa che agli indagati per la rapina, erano già arrivate la conclusione delle indagini ed il rinvio a giudizio, con l’udienza già fissata. 

La notifica della conclusione delle indagini è arrivata, oltre che per Musacchio, anche per i presunti esecutori materiali della feroce rapina, i rumeni Mihai Ciovica, di 19 anni appena, e Gheorge Geanca, 25 anni. Le loro posizioni, però, sono state stralciate, visto che si trovano all’estero, anche per consentire all’indagine un percorso più rapido. Nell’indagine sono coinvolti anche Domenico Foschini, il 31enne che divenne anch’egli collaboratore di giustizia, e Gaetano e Annibale Barilari, padre e figlio, rispettivamente di 61 e 41 anni, più un altro rumeno, Alex Atonie, di 25 anni. Da sottolineare che Foschini è nipote di Gaetano Barilari, ritenuto dagli inquirenti un grosso calibro nel panorama delle conserterie criminali locali. Proprio Barilari, insieme al figlio, viene accusato dagli inquirenti di essere l’ideatore del colpo, che fruttò 800 mila euro, «mettendo a disposizione potenzialità operative e logistiche facenti riferimento a strutture di ‘ndrangheta». Collegata alla rapina crotonese anche quella avvenuta, qualche mese dopo, a San Giovanni in Fiore ai danni dell’orefice Salvatore Crivaro. 
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