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SIBARI (Cosenza) – Martedì prossimo, 18 giugno, saranno trascorsi cinque mesi, centocinquanta giorni, da quel 18 gennaio, quando il Crati ruppe gli argini e riversò più di 200 mila metri cubi di acqua e di fango sull’area archeologica sibarita allagandone completamente cinque ettari. A cinque mesi da quel nefasto giorno, l’area archeologica di Sibari resta interdetta, e non si sa per quanto tempo ancora, a chiunque voglia visitarla. E’ possibile ammirarla solo “dall’esterno” con percorsi molto limitati e ben definiti. Ancora permangono, in tutta la loro gravità, i tanti problemi logistici e di sicurezza causati da quell’esondazione. Tant’è che oramai è più che certo, manca solo l’ufficialità, che quest’anno gli spettacoli del “Magna Graecia Teatro Festival”, la rassegna teatrale promossa e organizzata dalla regione Calabria nei più importanti siti archeologici calabresi, non saranno ospitati all’interno dell’area archeologica di Sibari, bensì si svolgeranno nel piazzale antistante il Museo Archeologico della Sibaritide. 

 Tutto questo perché gli impianti di illuminazione, collocati lungo i vialetti che conducono all’area dove fino all’anno scorso si sono svolte le rappresentazioni teatrali, così come gli impianti luminosi dei segna passi (entrambi gli impianti, ci dice un tecnico, furono realizzati, a suo tempo, con fondi messi a disposizione dell’amministrazione comunale cassanese) sono ancora tutti fuori uso e il piazzale che fino all’anno scorso era adibito a parcheggio ora non esiste più. Al suo posto c’è una grossa buca per allocarvi il fango. 
«Utilizzare il parco archeologico nelle condizioni in cui si trova adesso significa fare uno spettacolo in aperta campagna. Basterebbero, però, meno di 100 mila euro e gli scavi di Sibari potrebbero, anche quest’anno, ospitare gli spettacoli del Magna Graecia Teatro Festival», ci confida il tecnico che opera nell’area archeologica sibarita. Un’area di inestimabile valore i cui “tesori”, a cinque mesi dall’esondazione del Crati, restano ancora imprigionati dalla coltre di fango, oramai “pietrificata”, che li ha ricoperti e che molto probabilmente li avrà danneggiati. 
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