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POTENZA – «È giusto perseguire lo spirito referendario, interpretando al meglio il mandato ricevuto dai Consigli regionali, ma i nodi sono e resteranno politici ed istituzionali. L’obiettivo è quello di cambiare le leggi che mettono in discussione la leale collaborazione tra istituzioni della Repubblica in un campo delicato come quello della politica energetica, che con la riforma costituzionale, se dovesse essere approvata dall’eventuale referendum confermativo, passerà nella competenza esclusiva dello Stato». Così il presidente del Consiglio regionale Piero Lacorazza interviene nel dibattito suscitato dalla decisione dell’Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione di riesaminare i sei quesiti referendari alla luce delle novità introdotte dalla legge di stabilità, dichiarando ammissibile il sesto quesito sulle trivelle in mare.
«Ci possono essere opinioni diverse sulla riforma del Titolo V – afferma Lacorazza – ma in ogni caso non si può prescindere dalla leale collaborazione tra istituzioni, così come la Basilicata ha dimostrato sulla vicenda delle risorse naturali. La sostenibilità non è un dato, o solo un dato, ma è parte di un processo democratico. Da tempo sostengo la necessità di un confronto con il governo, ma non si riesce a capire perché ciò sia avvenuto sullo smog e non invece su un tema delicato come quello dell’energia (che tra l’altro ha anche a che fare con lo smog)».
«Noi siamo chiamati ad interpretare lo spirito referendario – conclude il presidente del consiglio regionale – e su questo tema sarà la Suprema Corte a decidere. Tuttavia, qualunque sarà la decisione, rimane il fatto che dieci Regioni e tanti cittadini hanno posto un tema rilevante per la qualità della democrazia che la politica, la buona politica lealmente deve saper affrontare se vuole davvero riavvicinarsi alle aspettative dei cittadini».
Si fa sentire anche Gianni Perrino, portavoce M5S Basilicata, secondo cui ora «si aprono nuovi scenari e si materializzano sempre più le reali intenzioni del ducetto fiorentino: depotenziare ed annacquare le richieste abrogative dei consigli regionali per lasciare al governo totale discrezionalità sulla politica energetica e sulle fonti fossili (petrolio in primis)». Il consigliere regionale definisce «pavloviana» «l’ennesima “piena” soddisfazione di Lacorazza» nonostante la cancellazione del «principale strumento che avrebbe rafforzato il principio di “leale collaborazione” tra Stato e Regioni in materia di estrazioni petrolifere, rappresentato dal cosiddetto “piano delle aree”. Con tutto l’ottimismo possibile, fatta eccezione per la “sopravvivenza” del sesto quesito (che mira a vietare le trivellazioni entro le 12 miglia marine), non si riesce davvero a scorgere altri aspetti positivi da questi ultimi convulsi sviluppi. A questo punto si rende necessario, per i consigli regionali, attraverso i propri delegati, sollevare il conflitto di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale per quanto attiene i quesiti numero 2 (il piano delle aree) e 3 (durata massima dei permessi)».
Anche il Coordinamento nazionale No triv ritiene «assolutamente necessario» questo passo nei confronti del Parlamento, così da mettere «in sicurezza gli obiettivi del referendum».

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