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POTENZA – Come se non bastasse la crisi una nuova batosta si sta per abbattere sui commercianti del capoluogo. Entro il prossimo 30 marzo, infatti, commercianti, titolari di bar, ristoranti, piccole e medie attività di servizi dovranno pagare la prima rata della famigerata Tari, ovvero la nuova imposta sui rifiuti, secondo le tariffe approvate, lo scorso 9 marzo, dal Consiglio comunale. Nonostante nella deliberazione si affermi “ la necessità di ripartire i costi tra le utenze (domestiche e non) e di articolare le tariffe in modo da garantire, per quanto possibile, una gradualità nel passaggio dal regime Tarsu al nuovo tributo, una perequazione del carico fiscale tra le diverse categorie ed il contenimento degli aumenti a carico di talune categorie di utenza” per Confcommercio omprese per l’Italia si profila un’autentica «mazzata per le imprese» Non a caso è lo stesso Comune ad ammettere che «l’attuale sistema di raccolta non consente l’attribuzione in modo certificabile delle produzione di rifiuti alle singole utenze e» pertanto al momento «non è possibile applicare la Tari» in base a tariffe tali per cui si paghi in base ai rifiuti prodotti.
«Ma – rileva Confcommercio – già lo scorso anno l’incremento medio dei costi per il servizio urbano dei rifiuti per alcune tipologie di impresa è stato salatissimo: incrementi tariffari che sono andati dal 57 all’88 per cento per ristoranti, pizzerie, pub, bar, pasticcerie, ortofrutta, pescherie, fiori e piante, pizza al taglio e, per contro, un decremento tariffario del 19 per cento per le attività industriali e una riduzione delle tariffe applicate a “banche ed istituti di credito”».
Per le piccole imprese, per lo più individuali e di famiglia, insomma ci saranno «incrementi molto rilevanti e ingiustificati che – ha dichiarato Fausto De Mare, presidente Confcommercio Potenza – che derivano essenzialmente dall’adozione di criteri presuntivi e potenziali e non dalla reale quantità di rifiuti prodotta». Una pesante penalizzazione per il sistema delle imprese della distribuzione e dei servizi di mercato che impone la necessità di rivedere al più presto la struttura dell’attuale sistema di prelievo sulla base del principio “chi inquina paga” in modo tale da «ridefinire con maggiore puntualità coefficienti e voci di costo distinguendo tra utenze domestiche e non domestiche e tenendo conto anche degli aspetti riguardanti la stagionalità delle attività economiche». Bisognerebbe, poi, «ridisegnare gli indici e le voci di costo che determinano i coefficienti in termini di ripartizione tra quota fissa e variabile e tra componente domestica e non domestica».
In particolare, occorrerebbe «introdurre il riferimento ai costi standard o a un preciso range dal quale i Comuni non possano discostarsi». per quanto riguarda le utenze domestiche e non domestiche «bisognerebbe prevedere criteri oggettivi per la ripartizione del peso del tributo». I coefficienti, poi, dovrebbero essere «calcolati sulla base della reale produzione di rifiuti». Non ultimo sarebbe utile «introdurre criteri premiali per la raccolta differenziata e riconoscere le differenze di qualità del rifiuto prodotto».

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