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Se si dovesse scegliere un termine per descrivere la nostra epoca, quel termine è velocità. Lo ha capito, non da oggi, Matteo Renzi: e sull’uso spregiudicato – e non sempre a proposito – di quel lemma ha costruito una parte del suo successo. Un successo che, al di là delle indubbie capacità politiche del premier, è stato facilitato proprio dal fatto che, al contrario, l’Italia è un paese tutt’altro che veloce. Basta scorrere, per rendersene conto, le pagine dell’ultimo rapporto stilato dalla Commissione europea per “verificare la rispondenza degli Stati membri agli obiettivi dell’Agenda digitale”.

Vi si legge che “nonostante i miglioramenti registrati nell’ultimo anno”,  il nostro Paese “non riesce a tenere il passo sul fronte dell’innovazione digitale”. Detto brutalmente: l’Italia è ultima in Europa nell’utilizzo della banda larga, vale a dire di tecniche di trasmissione che sfruttino un’ampiezza di banda di gran lunga superiore a tutti i precedenti sistemi di telecomunicazione. Basti pensare che sono soltanto venti su cento gli italiani che hanno accesso a questa tecnologia. Peggio perfino della Grecia. In Gran Bretagna, invece, sono ormai novanta cittadini su cento a utilizzare internet veloce. E in tutto il continente la possibilità di collegamento a una rete Internet fissa con una velocità di almeno 30 megabyte al secondo è garantita, in media, al 62 per cento della popolazione. Sempre secondo quel rapporto “ dal 2010 al 2013 la percentuale dei cittadini europei che usa  Internet almeno una volta alla settimana è aumentato del 12 per cento (giungendo al 72 per cento), avvicinandosi sempre più al target del 75 per cento  fissato per il 2015. Così come  è cresciuto il numero degli internauti che acquistano prodotti online (47 per cento): il 3 per cento in meno rispetto all’obiettivo del 50 per cento indicato per il 2015”. E l’Italia? Qui i cittadini che usano regolarmente internet sono poco più del 50 per cento, e soltanto 20 su cento fanno acquisti on line. Per non parlare della digitalizzazione della Pubblica amministrazione che ci vede penultimi in Europa (solo la Romania fa peggio) nell’uso di servizi di  eGovernment.

Per avere un’idea di che cosa implichi questo ritardo per il Paese basta citare le parole dette qualche mese fa, nel corso di un incontro a Roma, dal presidente di Google, Eric Schmidt. “Dovete garantire la banda larga veloce ovunque,  questa deve essere una vostra priorità”, ha detto rivolgendosi a un ministro dell’ex Governo. Altrimenti? Altrimenti niente investimenti in Italia. Non ci sono le condizioni.

Ma perché i piani governativi per la diffusione della banda larga, di cui in Italia si parla da anni, non decollano? Colpa, al solito, delle lentezze burocratiche nel dialogo Stato-Regioni e della congenita difficoltà a sbloccare i fondi pubblici necessari a colmare i buchi di copertura.  “Contiamo di ultimare la rete a banda larga italiana tra giugno e settembre 2015”,  afferma Salvatore Lombardo, direttore generale di Infratel, società del ministero che si occupa di questi bandi. Ma Lombardo precisa anche che “molto dipende dagli accordi tra ministero e Regioni, necessari per fare le gare. Purtroppo i tempi burocratici di negoziazione sono a volte più lunghi di quelli per creare la rete”. E aggiunge: “Ci vogliono 12 mesi, dopo l’assegnazione della gara, per portare la banda larga ai cittadini. Ma ci sono Regioni come la Sicilia che ci stanno facendo aspettare da due anni per la firma dell’accordo. L’aspettiamo anche dalla Sardegna.

La Basilicata invece ha firmato ma per ora ha messo l’accordo in stand by”. A sentire Mirella Liuzzi, portavoce del Movimento 5 Stelle, “in  Basilicata  nessun privato ha partecipato al bando del Piano Strategico Banda Ultralarga”. “Per la Lucania – aggiunge la Liuzzi –  è previsto l’impiego del modello di intervento diretto (pubblico-pubblico) finalizzato alla posa dell’infrastruttura a banda ultralarga mediante una gara”.

E mentre il pubblico annaspa i grandi gruppi privati attivi in questo settore portano avanti i loro piani.

Come Telecom che ha avviato anche a Matera  la realizzazione di una rete a banda ultra larga che, assicura l’azienda, “renderà disponibili servizi innovativi a cittadini e imprese con velocità di connessione a partire da 30 Megabit al secondo”.

 L’iniziativa – fa sapere Telecom  – si inserisce “nel piano di sviluppo nazionale di Telecom Italia per la realizzazione della rete Ngan (Next Generation Access Network) che prevede di raggiungere 600 città entro il 2016, con una copertura di 12,4 milioni di unità immobiliari, corrispondenti a oltre il 50 per cento della popolazione. L’investimento programmato è pari a 1,8 miliardi di euro nel triennio 2014-2016”. 

I lavori sono già iniziati in diverse zone della città lucana. A sentire Telecom cittadini e aziende potranno presto usufruire di connessioni ultrabroadband con velocità a partire da 30 Megabit al secondo, “che migliorano nettamente l’esperienza della navigazione in rete e abilitano nuovi servizi.

Da casa, ad esempio, sarà possibile fruire di video in HD, gaming on line multiplayer in alta qualità e contenuti multimediali resi disponibili contemporaneamente su smartphone, tablet e smart TV.

 Ma la fibra ottica abiliterà anche applicazioni innovative come la telepresenza, i servizi di cloud computing per le imprese e servizi per la realizzazione del modello di città intelligente per le amministrazioni locali, tra cui la sicurezza e il monitoraggio del territorio, l’infomobilità e le reti sensoriali per il telerilevamento ambientale”. 

 

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