X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

 IL sottosegretario regionale alla Protezione civile, Franco Torchia, è intervenuto sulla vicenda dello sciame sismico che sta colpendo ormai da un anno la zona del Pollino e ha riferito anche di aver chiesto il parere del professore Ignazio Guerra, del Dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria. Secondo l’esperto, riferisce Torchia, «il fenomeno rientra nel normale modo di esplicarsi dell’attività sismica, essendo noto che i terremoti tendono a verificarsi raggruppati nel tempo e nello spazio. In proposito si può ricordare che la stessa sequenza in atto al confine calabro-lucano, cominciata nell’agosto-settembre del 2010, si è sviluppata attraverso un’alternarsi di alti e bassi nel grafico del rilascio di energia. I massimi più appariscenti sono riscontrabili nell’autunno del 2010. In quello del 2011, quando l’attività si è spostata verso nord-est, interessando così direttamente anche il territorio lucano di Rotonda e Viggianello oltre a quello di Mormanno; tra maggio e giugno del 2012, quando il baricentro dell’attività si è spostato sul versante meridionale della catena montuosa dando luogo alla scossa del 28 maggio che resta la più energetica finora registrata; ed infine nel periodo da Ferragosto a tutt’oggi».   

«Il professore Guerra – ha detto ancora il sottosegretario Torchia – ritiene che la durata della sequenza attuale è decisamente inusuale, di gran lunga maggiore di quelle precedenti. E comunque essa rientra nel comportamento abituale di quest’area interessata da uno stillicidio di microterremoti (tecnicamente si parla di microterremoti per scosse di magnitudo inferiore a 3.0). Esistono infatti documenti che attestano il verificarsi a Mormanno e dintorni di serie sismiche analoghe nel 1888, nel 1973-74 e nel 1980». 

Grazie alla notevole quantità di dati raccolti, sottolinea Torchia, il professore Guerra ritiene che si potranno trarre utili informazioni sulla struttura geologica e sulla dinamica di un’area, che, pur non risultando tra le più intensamente colpite dai terremoti in tempi storici, presenta aspetti molto interessanti dal punto di vista della geodinamica. Per questo motivo un’intensificazione delle osservazioni già in atto ed una loro integrazione mediante l’applicazione di tecniche che fin qui non è stato possibile impiegare, sarebbe auspicabile, in quanto sulla base delle esperienze pregresse è lecito attendersi anche una pausa anche di qualche decennio quando la sequenza in corso si sarà esaurita: i dati relativi ai terremoti del passato sono quelli più utili per capire cosa potrà succedere nel futuro.   

 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE