X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

REGGIO CALABRIA – Ingenti quantità di cocaina venivano trasferiti attraverso canali europei dagli indagati finiti sotto la lente d’ingrandimento della Dda di Reggio Calabria che oggi ha fatto eseguire ai Carabinieri 16 arresti tra la Calabria, l’Olanda e la Germania. Il centro di interessi principale del sodalizio criminale va individuato in Rosarno, residenza di Giovanbattista Cacciola, ritenuto principale protagonista dell’intera vicenda criminale, promotore ed organizzatore dell’associazione e soprattutto poiché luogo in cui veniva organizzato il traffico, insieme a Mercurio e Girolama Curmace, e smistato lo stupefacente proveniente dal nord Europa per la successiva distribuzione. 

L’attività investigativa ha portato alla luce importanti elementi a carico di Girolama Curmace, alias “Mommina”, residente in Germania dove gestiva una pizzeria (la Locanda di Mina) e che viaggiava con sistematica frequenza tra la Calabria e la Germania avvalendosi, per il traffico di stupefacenti, oltre che del fratello Mercurio, anche di altri membri facenti parte dell’organizzazione, tutti residenti in Germania, che collaboravano anche nella gestione delle attività commerciali a Dusseldorf. 

I Cacciola, secondo quanto emerso dalle indagini, hanno gestito l’importazione di ingenti quantità di cocaina dall’estero attraverso basi logistiche in Germania e in Francia grazie a una efficace rete criminale, armata e ben organizzata. 

Le attività di intercettazioni e l’avvio della cooperazione con la polizia giudiziaria tedesca hanno permesso di comprendere che lo stupefacente veniva trasportato a Rosarno attraverso un consolidato sistema che veniva ripetuto con cadenza mensile e che prevedeva l’acquisto di sostanza stupefacente dall’Olanda, il successivo trasporto attraverso auto prese a noleggio, prima presso la base logistica in Germania e poi a Rosarno. Una volta capito il modus operandi è stato possibile effettuare attività di riscontro che hanno avuto esito positivo.

I fatti, accertati sin dal 2006, hanno documentato oltre all’inserimento di molti dei soggetti arrestati nel traffico delle sostanze stupefacenti con diversi sequestri di svariati kg di cocaina purissima importati dall’Olanda, anche le dinamiche interne alla famiglia Cacciola, grazie al contributo della collaboratrice di giustizia. In questo modo, è stata fatta luce su di una serie di comportamenti vessatori e di riduzione in schiavitù da parte della stessa famiglia. A Giusy Multari collaboratrice di giustizia, per esempio, costretta alla segregazione, veniva imputata la colpa del suicidio del marito, appartenente al gruppo criminale, avvenuto per circostanze mai del tutto chiarite. 

Proprio ieri i giudici di Reggio Calabria hanno condannato i familiari di Maria Concetta Cacciola e un avvocato per le minacce che gli stessi gli avrebbero rivolto.

DE RAHO: «COMPORTAMENTI DISUMANI» – «Giuseppina Multari, ex moglie di Antonio Cacciola, è testimone di giustizia. Grazie alla sua testimonianza siamo riusciti a scoprire e debellare un traffico di sostanze stupefacenti, soprattutto di cocaina, proveniente dall’Olanda e indirizzata a Rosarno, arrestando sedici persone». Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, durante la conferenza stampa per illustrare i particolari dell’operazione “Mauser”.

«Giuseppina Multari – ha aggiunto il magistrato – moglie di Antonio Cacciola, suicidatosi nel 2005, era stata ridotta in schiavitù dai familiari del defunto marito e non poteva neppure assicurare le cure alla figlioletta più piccola senza essere “scortata” dai parenti del marito o accompagnare a scuola le altre due figliolette più grandi. Proprio per queste ragioni, sentendosi oppressa e senza via di scampo, aveva tentato il suicidio lanciandosi in mare nell’inverno del 2006. In suo soccorso era giunto il fratello Angelo, riuscendo a salvarla».

«È materia di indagini ancora in corso – ha detto ancora Cafiero de Raho – la successiva scomparsa da Rosarno di Angelo Multari, fratello di Giuseppina. Tutto ciò conferma come nelle famiglie di ‘ndrangheta simili comportamenti, disumani e violenti, siano paragonabili alla preistoria. In questo contesto, i Multari, una famiglia normale, hanno pagato un prezzo altissimo».

 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE