X
<
>

Condividi:
5 minuti per la lettura

REGGIO CALABRIA – Sono 10 i fermi eseguiti dalla guardia di finanza tra i componenti, presumibilmente egiziani, dell’equipaggio (in tutto 17, compresi 7 minori) del peschereccio che ha fatto da “nave madre” per il barcone soccorso al largo della Calabria domenica scorsa con 226 persone a bordo di presunta nazionalità siriana ed egiziana, tra cui 102 uomini, 45 donne e 79 minori. Soccorso risultato fondamentale, visto che il barcone, che si trovava a 150 miglia dalla costa, imbarcava acqua e rischiava di affondare. 

L’operazione “Never more”, che ha portato all’individuazione della “nave madre”, è stata condotta dalle unità aeronavali della guardia di finanza, in collaborazione con i finanzieri del Comando regionale Calabria e del Comando operativo aeronavale di Pomezia, sotto la direzione del capo della Dda di Reggio Calabria Cafiero De Raho, dell’aggiunto Gratteri e dei pm Frustaci e Sirleo. 
In seguito ad indagini del Comando provinciale della finanza di Reggio e del Reparto operativo aeronavale di Vibo Valentia, che hanno predisposto operazioni mirate di pattugliamento nelle acque internazionali lungo le rotte percorse dai trafficanti di esseri umani, alle 13.15 di sabato, un aereo portoghese impiegato nell’operazione “Hermes 2013” ha avvistato a 250 miglia a sud-est di Capo Spartivento un peschereccio di 30 metri in navigazione verso le coste italiane con a rimorchio un’imbarcazione più piccola priva di passeggeri. Il convoglio è stato monitorato dall’aereo portoghese e da un aereo Atr42 del Gruppo di esplorazione aeromarittima della Finanza sino a quando, alle 23.25 di sabato, a circa 210 miglia da Capo Spartivento, l’imbarcazione più piccola è stata affiancata dal peschereccio e i migranti sono stati costretti a trasbordare. Tutte fasi filmate con le telecamere all’infrarosso degli aerei. Il peschereccio si è poi allontanato verso le coste egiziane mentre l’imbarcazione più piccola si è diretta verso quelle calabresi. Un pattugliatore d’altura del Gruppo di Taranto si è diretto verso la “nave madre”, monitorata dagli aerei, mentre un pattugliatore veloce del Gruppo di Messina ed un guardacoste di Crotone si sono diretti verso i migranti. Alle 10 di domenica il pattugliatore Denaro ha raggiunto l’unità “madre”, fermandola ed abbordandola a 225 miglia a sud-est di Capo Spartivento, ad un centinaio di miglia dalle coste libiche. L’imbarcazione è risultata priva di documenti e di bandiera per sfuggire al riconoscimento a distanza. 
Nel frattempo le altre due unità della guardia di finanza hanno raggiunto il barcone prestando soccorso ai migranti che sono stati presi a bordo dalle unità militari. I migranti sono giunti nel porto di Reggio la sera di domenica. Ai finanzieri hanno raccontato di avere pagato circa tremila dollari per il viaggio. Il pattugliatore con il peschereccio, invece, è giunto in porto alle 19 di ieri. I 10 fermati sono tutti accusati del trasporto dei migranti. Ulteriori indagini sono in corso per individuare possibili collegamenti sul territorio nazionale ed i responsabili dell’associazione a delinquere a carattere transnazionale dedita al traffico di migranti. 
“QUEI BAMBINI MIRACOLATI” – “Sono rimasto impressionato e contento quando ho visto l’arrivo dei migranti al porto. Ho visto decine di bambini e ho pensato che erano dei miracolati”. Così il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria Nicola Gratteri ha raccontato le attività che hanno portato a salvare i 226 siriani arrivati domenica sera nella città dello Stretto a bordo di due mezzi navali della Guardia di finanza. Il barcone sul quale i migranti erano stati trasferiti stava imbarcando acqua e così si è deciso di intervenire subito. “Secondo i calcoli della Guardia di finanza, avrebbe impiegato sette giorni per arrivare sulle coste calabresi. Dopo un’ora c’era già mezzo metro d’acqua nella barca quindi non ci sarebbero mai arrivati”. Le operazioni di trasbordo dalla nave madre a quella più piccola sono state filmate dagli aerei della Guardia di finanza che hanno tenuto sotto controllo l’imbarcazione in maniera costante. 
“E’ la prima volta – ha rilevato Gratteri- che viene sequestrata una nave madre in acque internazionali, è stata utilizzata una tecnologia di alto livello utilizzata altre volte per i narcotrafficanti”. 
LEGGI DA CAMBIARE –  “Io credo che la comunità internazionale si debba fare carico di una legislazione molto più chiara e capace di legittimare sempre l’intervento delle forze di polizia giudiziaria al fine di sventare fatti di migrazione commessi clandestinamente con mezzi di fortuna che espongono a rischio per la vita coloro che compiono viaggi della speranza di questo tipo”. Lo ha affermato il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, illustrando questa mattina il risultato dell’operazione che ha portato al salvataggio di 226 migranti siriani nella giornata di domenica e al fermo di dieci persone individuate sulla nave madre che aveva abbandonato i migranti su un barcone alla deriva lontano dalla costa italiana. L’equipaggio era composto da altri sette minorenni per i quali è competente la Procura dei Minori. 
“Un fatto come questo -ha aggiunto Cafiero de Raho- è da qualificare come atto di pirateria, gravissimo, un crimine contro l’umanità. Un crimine che consente a persone prive di scrupolo di trarre ricchezza dalle esigenze di sopravvivenza di popolazioni in grave difficoltà”. Il magistrato ha auspicato a una legislazione internazionale più efficace. “Dobbiamo porci dinanzi a un contrasto effettivo, necessario, che per impedire fatti di questo tipo si possa giungere in qualunque momento, luogo, indipendentemente dal fatto che le acque in cui ciò avviene siano territoriali o siano extraterritoriali. Come avviene per il traffico di sostanze stupefacenti e per altri gravissimi reati, anche per casi come questo -ha concluso- io credo si debba superare il limite della territorialità”.
Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE