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di SARA LORUSSO
POTENZA – Hanno passato la prima notte «un po’ scomoda», ci ridono su. Ma in fondo sanno che l’occupazione di una sala istituzionale da parte dai chi rappresenta le istituzioni ha un che di irrituale. Anche per questo – e per spiegare il senso di una «resistenza» – hanno deciso di convocare una conferenza stampa. 
Così, ieri mattina, dopo la notte di presidio, diversi incontri, centinaia di telefonate hanno convocato la stampa nella stessa sala che vivono da ore. Sindaci, consiglieri, avvocati, commercialisti: rappresentano istituzioni e popolazione del Vulture, rappresentano il «no» alla scelta del governo di sopprimere il tribunale di Melfi. 
La premessa spetta a Livio Valvano, sindaco di Melfi: «L’errore di questa riforma giudiziaria sta nel metodo: calata dall’alto. Il ministero non ha mai voluto approfondire, né tenere conto delle condizioni particolari che ci sono in Basilicata». Certo, di errori ne sono stati fatti tanti, anche a livello locale, spiegano. «Non si è riusciti tutti insieme a fare pressione. Le forze politiche, di maggioranza e opposizione, non sono state in grado di spiegare alle due comunità interessate dalla vicenda che cosa stava accadendo». 
Il cambio in corsa non ha facilitato il processo a livello locale. «Si tratta di un’operazione politica fatta dal ministero di Giustizia: la commissione tecnica che ha stilato la prima versione delle riforma  aveva previsto la soppressione del presidio di Lagonegro. Solo successivamente si arriva a Melfi, accorpando a Lagonegro gli uffici di Sala Consilina e facendo di quel tribunale lucano il terzo della Regione. Ruolo che, invece, storicamente spetta al palazzo di giustizia di Melfi». 
Più voci, tra i presenti, fanno notare che il ministero non ha minimamente tenuto conto del “caso Basilicata”. Di un contetso particolare. «La nostra regione non può essere trattata facendo affidamento sul dato “medio” del Paese. Territorio vasto per pochi abitanti, infrastrutture carenti, orografia complessa. Tra l’altro nella legge delega che anticipa la riforma si tiene conto del criterio territoriale. Non accade poi, invece, nella rimodulazione dei presidi». 
Al ministro Cancellieri hanno chiesto di rivedere la scelta. Lo ha fatto in modo ufficiale anche il presidente della Regione Vito De Filippo. Nelle ragioni a sostegno della protesta mettono anche un paio di conti: se la soppressione del tribunale di Melfi produce un risparmio di 350 mila euro all’anno sulle casse dello Stato, ma il trasferimento di pratiche, personale e macchine a Potenza costa 4 milioni, che senso ha? 
«Non ci muoviamo da qui senza la contezza che il caso sarà riesaminato. Devono spiegarci perché la circoscrizione di Lagonegro viene costruita artificialmente, perché non si tiene conto del rischio criminalità nel Vulture, perché si mette in piedi una riforma che non crea risparmio». 
Non è una lotta di campanile, ribadiscono un po’ tutti. «È il momento di dire “no” a una continua spoliazione della Basilicata», aggiunge il consigliere regionale Pdl, Nicola Pagliuca. 
Ernesto Navazio, collega di Scelta civica, continua a raccontare. «Questo gesto non è solo uno spostamento del presidio dal tribunale in altro spazio, non lo abbiamo fatto per abbassare il livello di tensione, che pure aveva messo a rischio inermi cittadini. Siamo capaci di alzare il livello della protesta, senza mettere in pericolo nessuno, ci mancherebbe. Non è una gara a chi fa il gesto più eclatante tra varie zone d’Italia. Ma è il momento in cui le istituzioni devono ripiegarsi a riconsiderare la questione». L’appello va anche a chi, in queste stesse ore, si sta impegnando nella campagna per le primarie a candidato governatore nel centrosinistra. «Vengano qui a capire». 
L’avvocato Di Ciommo, guida del consiglio dell’ordine, ricorda ancora una volta «la riforma a geometria variabile. La legge può essere rispettata se rispecchia criteri di oggettivita. Se è funzionale solo a interessi di alcuni territori diventa ingiusta». 
Con uno sguardo preoccupato anche all’immediato: «Tutto questo – aggiunge Aurelio Pace, consigliere provinciale – tocca la quotidianità di un territorio. Pensiamo al lavoro, pensiamo all’incidenza di questa scelta sui posti di lavoro, sulla viabilità, sui servizi e sui costi indiretti della amministrazioni locali. Ne vale la pena?».

POTENZA – Hanno passato la prima notte «un po’ scomoda», ci ridono su. Ma in fondo sanno che l’occupazione di una sala istituzionale da parte dai chi rappresenta le istituzioni ha un che di irrituale. Anche per questo – e per spiegare il senso di una «resistenza» – hanno deciso di convocare una conferenza stampa.

 

 Così, ieri mattina, dopo la notte di presidio, diversi incontri, centinaia di telefonate hanno convocato la stampa nella stessa sala che vivono da ore. Sindaci, consiglieri, avvocati, commercialisti: rappresentano istituzioni e popolazione del Vulture, rappresentano il «no» alla scelta del governo di sopprimere il tribunale di Melfi. 

La premessa spetta a Livio Valvano, sindaco di Melfi: «L’errore di questa riforma giudiziaria sta nel metodo: calata dall’alto. Il ministero non ha mai voluto approfondire, né tenere conto delle condizioni particolari che ci sono in Basilicata». 

Certo, di errori ne sono stati fatti tanti, anche a livello locale, spiegano. «Non si è riusciti tutti insieme a fare pressione. Le forze politiche, di maggioranza e opposizione, non sono state in grado di spiegare alle due comunità interessate dalla vicenda che cosa stava accadendo». Il cambio in corsa non ha facilitato il processo a livello locale. «Si tratta di un’operazione politica fatta dal ministero di Giustizia: la commissione tecnica che ha stilato la prima versione delle riforma  aveva previsto la soppressione del presidio di Lagonegro. Solo successivamente si arriva a Melfi, accorpando a Lagonegro gli uffici di Sala Consilina e facendo di quel tribunale lucano il terzo della Regione. Ruolo che, invece, storicamente spetta al palazzo di giustizia di Melfi». 

Più voci, tra i presenti, fanno notare che il ministero non ha minimamente tenuto conto del “caso Basilicata”. Di un contetso particolare. «La nostra regione non può essere trattata facendo affidamento sul dato “medio” del Paese. Territorio vasto per pochi abitanti, infrastrutture carenti, orografia complessa. Tra l’altro nella legge delega che anticipa la riforma si tiene conto del criterio territoriale. Non accade poi, invece, nella rimodulazione dei presidi». Al ministro Cancellieri hanno chiesto di rivedere la scelta. 

Lo ha fatto in modo ufficiale anche il presidente della Regione Vito De Filippo. Nelle ragioni a sostegno della protesta mettono anche un paio di conti: se la soppressione del tribunale di Melfi produce un risparmio di 350 mila euro all’anno sulle casse dello Stato, ma il trasferimento di pratiche, personale e macchine a Potenza costa 4 milioni, che senso ha? 

«Non ci muoviamo da qui senza la contezza che il caso sarà riesaminato. Devono spiegarci perché la circoscrizione di Lagonegro viene costruita artificialmente, perché non si tiene conto del rischio criminalità nel Vulture, perché si mette in piedi una riforma che non crea risparmio».

 Non è una lotta di campanile, ribadiscono un po’ tutti. «È il momento di dire “no” a una continua spoliazione della Basilicata», aggiunge il consigliere regionale Pdl, Nicola Pagliuca. Ernesto Navazio, collega di Scelta civica, continua a raccontare. 

«Questo gesto non è solo uno spostamento del presidio dal tribunale in altro spazio, non lo abbiamo fatto per abbassare il livello di tensione, che pure aveva messo a rischio inermi cittadini. Siamo capaci di alzare il livello della protesta, senza mettere in pericolo nessuno, ci mancherebbe. Non è una gara a chi fa il gesto più eclatante tra varie zone d’Italia. Ma è il momento in cui le istituzioni devono ripiegarsi a riconsiderare la questione». 

L’appello va anche a chi, in queste stesse ore, si sta impegnando nella campagna per le primarie a candidato governatore nel centrosinistra. «Vengano qui a capire». L’avvocato Di Ciommo, guida del consiglio dell’ordine, ricorda ancora una volta «la riforma a geometria variabile. La legge può essere rispettata se rispecchia criteri di oggettivita. Se è funzionale solo a interessi di alcuni territori diventa ingiusta». 

Con uno sguardo preoccupato anche all’immediato: «Tutto questo – aggiunge Aurelio Pace, consigliere provinciale – tocca la quotidianità di un territorio. Pensiamo al lavoro, pensiamo all’incidenza di questa scelta sui posti di lavoro, sulla viabilità, sui servizi e sui costi indiretti della amministrazioni locali. Ne vale la pena?».

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