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PISTICCI – Umberto Giorgetti deve tornare a lavoro. Il Comune di Pisticci, che lo ha licenziato, deve riprenderselo. La decisione in merito al reintegro del dipendente implicato nella truffa ai danni dello stesso Comune è stata presa dal giudice del lavoro del tribunale di Matera, Antonio Marzario. La notizia è stata accolta a Pisticci non senza sorpresa, non senza una certa sensazione di beffa ed impotenza. Perché Giorgetti è “reo confesso”, come ricorda il sindaco di Pisticci, Vito Di Trani, ed ha patteggiato la sua pena. Ha ammesso di aver truffato l’ente per il quale lavorava, è stato condannato, è stato licenziato, ma ora il Comune deve restituirgli il lavoro e, in più, sei mesi di stipendi arretrati. I soldi che mancano dalle casse comunali, invece, non sono stati ancora recuperati ed in tutta questa storia non si è ancora capito se mai sarà possibile riaverli.Questione di cavilli e forme, che, però, fanno la differenza. Questioni di diritto che, a volte, erigono muri di diffidenza tra il paese reale e le istituzioni, che non sono solo quelle amministrate dalla politica. Un giudice, d’altra parte, è chiamato ad applicare la legge, così come un avvocato difensore deve fare il meglio per il suo cliente. Gli umori restano fuori dalle stanze dei tribunali.

I fatti: lo scorso aprile Giorgetti aveva patteggiato una pena a quattro anni e sei mesi per peculato e falso in atto pubblico, con cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e l’obbligo del ristoro delle spese processuali nei confronti del Comune. Il Comune lo aveva licenziato. Solo che il legale del Giorgetti, Francesca Chietera, «ha impugnato la sentenza di patteggiamento per chiedere la modifica dell’imputazione da peculato a truffa aggravata», come ci spiega il dirigente dell’ufficio legale comunale, Anio D’Angella. In tal modo la sentenza di condanna non risulta più definitiva, c’è la Cassazione. Una mossa che ha pagato, visto che il giudice del lavoro, nelle motivazioni con cui ha accolto il ricorso contro il licenziamento di Giorgetti, lo ha ritenuto nullo proprio perché operato in presenza di una sentenza non definitiva. Antonio Marzario, inoltre, ha accolto anche una seconda motivazione, di carattere formale: l’atto del licenziamento non andava intrapreso con delibera di giunta comunale, ma mediante un provvedimento della commissione disciplinare. Il Comune di Pisticci (difeso nell’occasione dall’avvocato Nicola Cea) dovrà, inoltre, versare sei mensilità di stipendio a Giorgetti, sebbene al 50 per cento. «Questa è la giustizia», è il commento amaro del sindaco Di Trani. «A volte – prosegue – è difficile da capire. Se una persona va a patteggiare, vuol dire che ammette la sua colpa. E se è così, può essere licenziato, come abbiamo deciso di fare, visto che i reati contestati sono stati commessi contro lo stesso ente per il quale lavorava. Ci contestano le forme? Le ripareremo. Produrremmo tutti gli atti necessari a confermare la chiarezza della nostra volontà, a partire dall’impugnativa di questa sentenza. Dobbiamo dargli sei mesi di stipendio? Lo accettiamo, come accettiamo la sentenza, ma io, come sindaco, voglio che nelle casse del mio Comune torni il milione di euro scomparso per la truffa. Non lasceremo nulla di intentato. Giorgetti è reo confesso ed ha patteggiato, noi lo abbiamo licenziato di conseguenza. Esistono le forme, è giusto così. Ma occorre tutelare anche la sostanza». Sulle modalità del licenziamento il Comune poteva essere più accorto. Sulla tempistica, tuttavia, alzi la mano chi avrebbe tollerato l’assenza di un provvedimento dell’amministrazione comunale dopo il patteggiamento dello scorso aprile.

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