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Alla fine ha confessato, dopo ore di interrogatori e dopo aver inanellato una serie di contraddizioni che non potevano restare in piedi. Ivan Forte, 26 anni, autotrasportatore originario di Castrovillari, in provincia di Cosenza, ha ammesso nella notte di aver ucciso la sua compagna, Tiziana Olivieri, 41 anni, dopo una violenta lite nella loro abitazione di via Fontana, in una palazzina fra la frazione di Fontana e Rubiera, nel Reggiano. E di avere poi dato fuoco al letto di casa, simulando così la morte della donna in un incendio, per farla franca. 

«Ha reso una confessione totale», afferma oggi il sostituto procuratore Valentina Salvi, presente con i carabinieri all’ultimo decisivo interrogatorio. Il magistrato ha fermato l’uomo con l’accusa di omicidio volontario aggravato, spiegando che sono stati fondamentali per risolvere il giallo la prima relazione dei vigili del fuoco, gli accertamenti del Nucleo operativo dei Carabinieri e la «posizione del corpo» di Tiziana Olivieri.   

Nella notte l’uomo, che aveva conosciuto la vittima in una chat, è stato portato nel carcere di Reggio, in attesa dell’udienza di convalida che si terrà lunedì o martedì, davanti al giudice per le indagini preliminari di Reggio Emilia. Il pm Salvi ha annunciato che chiederà la custodia cautelare in carcere. Lunedì sarà invece eseguita l’autopsia della vittima.   In meno di 24 ore si risolve così una vicenda apparsa subito dai contorni poco chiari. Forte, autotrasportatore che viveva da un paio d’anni con Tiziana Olivieri, aveva sostenuto di aver portato in salvo il figlio di 11 mesi, che ora è stato affidato ad alcuni parenti del padre, e di non essere riuscito a rientrare nell’appartamento per il fumo sprigionato dall’incendio. Ma nè lui, nè il bambino presentavano segni di intossicazione. Inoltre, il cadavere della donna non presentava segni di ustioni, mentre il letto era quasi completamente bruciato.   

Del resto, anche la madre della vittima, nelle ore immediatamente successive all’incendio, si era detta stupita: «E’ impossibile che lei sia morta e lui non si è fatto niente», era stata l’accusa della donna di fronte al cadavere della figlia Tiziana. Ha avuto il tempo di portare in salvo il bambino, di mettersi in salvo lui, di fare tutto – aveva insistito – ma non di soccorrere lei. Lui l’ha lasciata dentro a morire». 

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