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CATANZARO – La Corte d’assise d’appello di Catanzaro ha condannato a 18 anni di reclusione, più cinque anni di ricovero in casa di cura, Pasquale De Marco, 37 anni, già ritenuto colpevole di avere ucciso il padre, Luigi De Marco, 71 anni, e la madre, Maria Grazia Campisano, 59, il 5 giugno del 2007, e di averne poi nascosto i corpi. I giudici hanno emesso oggi la sentenza, che ricalca una precedente pronuncia d’appello poi annullata in Cassazione. 

LA CONTESA SULLE PERIZIE – I giudici hanno respinto la richiesta della difesa di riaprire il dibattimento per l’effettuazione di una nuova perizia psichiatrica o in subordine di considerare maggiormente determinante l’esito della consulenza di parte effettuata all’epoca del giudizio di primo grado. Le richieste erano giunte a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione che nel dicembre scorso ha annullato con rinvio la precedente pronuncia d’appello con cui, il 10 maggio del 2011, la condanna di primo grado a carico di De Marco era già stata scontata. Il Giudice supremo, in particolare, accogliendo il ricorso della difesa di De Marco, aveva annullato la sentenza di secondo grado per quanto atteneva all’aspetto dell’imputabilità dell’uomo, giudicato semo-infermo di mente, sostenendo che in quella pronuncia, rispetto alle due successive perizie psichiatriche effettuate su Pasquale De Marco, mancasse «un’oggettiva ed argomentata comparazione tra i due elaborati che non basi solo sul maggior credito che, in definitiva, viene accordato al secondo, che conclude per la parziale capacità di intendere e volere in forza della negazione non patologica dei fatti da parte dell’imputato», e poi che «anche il secondo giudice, pur esprimendo le ragioni del proprio apprezzamento per la seconda perizia, non spiega perchè la stessa sia preferibile alla prima, riportandosi integralmente ed espressamente ad essa», ed «appare insufficientemente motivato il rifiuto di un’ulteriore perizia». 

Di qui l’annullamento con rinvio alla Corte d’assise d’appello che, comunque, oggi ha emesso una sentenza identica alla precedente, riducendo la condanna già inflitta a De Marco da venti anni di reclusione più dieci anni di ricovero in casa di cura a diciotto anni di reclusione più cinque di ricovero. 

IL DELITTO NEL 2007 NELLA VILLA DEGLI ORRORI – La pronuncia di primo grado risale all’11 maggio 2010, quando i giudici della Corte d’assise di Catanzaro riconobbero il giovane De Marco colpevole, come richiesto dal pubblico ministero Simona Rossi e dai difensori di parte civile, gli avvocati Eugenio Perrone e Concetta Statizzi, legali dei familiari dell’imputato e delle vittime. Il duplice omicidio risale al 5 giugno del 2007, quando Pasquale De Marco, secondo le accuse, massacrò i genitori all’interno della villetta di famiglia, nel villaggio Eucaliptus di Simeri mare, nel Catanzarese. I corpi furono ritrovati quattro mesi dopo sotterrati sotto il ponte di una strada interpoderale parallela alla Statale 106, nel Crotonese, avvolti in teli di plastica, lo stesso materiale rinvenuto nel bagagliaio dell’auto di famiglia, all’interno della quale De Marco venne sorpreso e arrestato cinque giorni dopo il delitto, mentre si trovava in una stazione di servizio a Crotone. Sin dai primi momenti Pasquale De Marco, imputato per duplice omicidio pluriaggravato e occultamento di cadaveri, ha sempre negato ogni coinvolgimento nella tragedia familiare, dichiarando di essere vittima di una ritorsione dei servizi segreti russi. Hanno da sempre puntato sull’inimputabilità di De Marco, per totale incapacità di intendere e volere, i difensori del giovane, gli avvocati Saverio Loiero e Piero Mancuso. La questione delle condizioni di salute di De Marco è stata al centro dell’intero procedimento, ed in primo grado ha spinto i giudici della Corte d’assise a disporre due diverse perizie psichiatriche. Dopo che il primo collegio di periti concluse per un vizio totale di mente dell’imputato – che ne avrebbe comportato l’assoluzione -, infatti, il pubblico ministero ed i legali di parte civile hanno insistito a lungo perchè fosse effettuata una nuova verifica, disposta dalla Corte dopo ben tredici udienze e ad un passo dalla sentenza. Le conclusioni del secondo collegio peritale, infine, furono nel senso di una semi-infermità dell’imputato. 

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