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Roma, 17 feb. (askanews) – Giorgia Meloni è stata a lungo in
dubbio sull’opportunità di partecipare o meno al vertice di
Parigi sull’Ucraina. Alla fine, obtorto collo, è andata
(arrivando in ritardo e senza rilasciare dichiarazioni) per
portare il punto di vista dell’Italia, mettendo in chiaro tutte
le sue “perplessità” per un formato – ha detto, secondo quanto si
apprende – che “esclude” molte nazioni, a partire da quelle “più
esposte” al rischio di estensione del conflitto.

Al tavolo, riuniti per tre ore, oltre a Macron e Meloni c’erano
il cancelliere tedesco Olaf Scholz; il primo ministro polacco
Donald Tusk; quello spagnolo Pedro Sanchez; quello dei Paesi
Bassi Dick Schoof; la premier danese Mette Frederiksen; il primo
ministro britannico Keir Starmer; il presidente del Consiglio
europeo Antonio Costa, la presidente della Commissione europea
Ursula von der Leyen e il segretario generale della Nato Mark
Rutte.

La presidente del Consiglio avrebbe preferito un Consiglio
europeo straordinario, perchè ritiene necessario “includere”, a
maggior ragione in questa fase storica. Anche perché – ha
ricordato – la guerra in Ucraina “l’abbiamo pagata tutti”. Il
Consiglio non è stato però convocato – almeno per il momento –
perchè tra i 27 ci sono Paesi (vedi l’Ungheria di Viktor Orban)
che sull’Ucraina hanno una posizione diversa dagli altri partner,
più vicina alle istanze di Mosca, e che potrebbero quindi
sfavorire un’intesa, come del resto già avvenuto in passato.

Venendo al merito – l’avvio dei negoziati già domani a Riyad in
Arabia Saudita tra Usa e Russia – per Meloni il punto centrale
sono le “garanzie di sicurezza” per l’Ucraina, perché senza
queste ogni negoziato “rischia di fallire”.

La premier ha quindi ribadito i suoi dubbi sull’ipotesi di un
dispiegamento di soldati europei in Ucraina per garantire un
eventuale cessate il fuoco. Sarebbe la soluzione, per lei, “più
complessa” e forse “la meno efficace”. Al contrario, per la
premier, “vanno esplorate altre strade” che prevedano il
“coinvolgimento” anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto
Nato che “si fonda la sicurezza europea e americana”.

E se è vero, è stato il suo ragionamento, che l’amministrazione
americana ha lanciato una “sferzata” sul ruolo dell’Europa, già
prima “analoghe considerazioni” erano già state fatte da
“importanti personalità” europee. Adesso, per Meloni, la “sfida”
è essere “più concreti” e “concentrarsi sulle cose davvero
importanti”, come la necessità di “difendere la nostra sicurezza
a 360 gradi”, compresi i confini, i cittadini, il sistema
produttivo. E questo, ha sottolineato, l’Europa deve farlo “non
perché lo chiedono gli americani, ma perché sono i nostri
cittadini a farlo” e dunque, per parafrasare JFK, “non dobbiamo
chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi
dobbiamo fare per noi stessi”. In quest’ottica – ha precisato –
quello di Parigi non è un “formato anti-Trump”, anzi, perchè gli
Stati Uniti lavorano a giungere ad una pace in Ucraina e gli
europei devono fare “la propria parte”.

Meloni, nel suo intervento, ha anche detto di condividere il
senso delle parole del vice presidente Usa J.D. Vance, che ha
accusato l’Europa, tra le altre cose, di “allontanarsi” da
“alcuni dei suoi valori fondamentali, valori condivisi con gli
Stati Uniti d’America”. “Ho espresso concetti simili da molto
tempo”, ha concluso la premier, convinta che “ancora prima di
garantire la sicurezza in Europa, è necessario sapere che cosa
stiamo difendendo”.

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