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HA poco più di trent’anni ed è uno dei tanti stranieri dell’Università della Calabria. Viene dall’Africa centrale, all’Unical si è iscritto nel 2007, lo scorso anno ha conseguito la laurea magistrale in Filosofia e continua a studiare per prendere una seconda laurea. Nel frattempo ha un lavoro part time, sempre all’università, e abita nel cuore del campus, alle Maisonettes. Mai nessun problema all’Unical e a Cosenza. Almeno fino alla sera di Halloween, quando – di ritorno da una festa che aveva richiamato al Polifunzionale molti ragazzi dall’area urbana – è stato aggredito da quattro italiani. 
È lui stesso a raccontare al telefono quello che gli è accaduto. Erano le quattro del mattino e aveva deciso di lasciare da solo la festa e di rientrare nel suo alloggio. «Ho salutato gli amici e mi sono avviato verso le Maisonettes. Poco prima delle pensiline c’era un’auto ferma con cinque ragazzi. Probabilmente avevano bevuto. Uno di loro ha cominciato a dire “chi è questo qua, chi è questo qua”. Poi si sono rivolti direttamente a me, mi chiamavano, mi chiedevano che facessi là. Io – racconta – ho fatto finto di nulla. Fingevo di non sentire, o di non capire l’italiano. Intanto ero arrivato alle pensiline e sentivo, però, che mi stavano rincorrendo». Il ragazzo viene raggiunto da un colpo alla testa, cerca di allontanarsi più velocemente ma intanto altri tre lo raggiungono, lo bloccano, mentre l’altro continua a colpire.
«Proteggevo la testa, mentre cercavo di divincolarmi. Era una situazione incredibile, non mi era mai capitato. Fino a poco prima ero con degli amici, ci stavamo divertendo…», riferisce. 
Ad ogni modo, riesce finalmente a scappare, sfilandosi via la giacca e lasciandola in mano ai suoi aggressori. Raggiunge l’inizio del ponte Bucci e lì si accorge che a breve distanza è parcheggiata l’auto della vigilanza privata. All’interno c’è la guardia giurata che, con la visuale probabilmente ostacolata dalle pensiline, non si è accorta dell’aggressione. Il ragazzo bussa al finestrino, gli racconta cos’è successo, vorrebbe che il vigilante seguisse i ragazzi, che nel frattempo stanno tornando verso la propria auto. «Il quinto ragazzo mi aveva lanciato il giaccone e li aveva richiamati, diceva “lasciate stare, che fate”. Il vigilante mi ha chiesto se volevo denunciare e io ho detto che non conoscevo quei ragazzi, ma erano lì, potevamo seguire l’auto. Mi ha spiegato – continua il racconto – che dovevo chiamare i carabinieri per quello». La vigilanza privata ha infatti poteri limitati, può intervenire solo se sorprende qualcuno in flagranza di reato. Il ragazzo allora chiama i carabinieri, mentre gli aggressori nel frattempo sono già in auto. «Mi invitano a scendere a Quattromiglia, a recarmi in stazione per denunciare. Rispondo – continua – che la denuncia la posso pure fare, ma contro chi? Contro ignoti? Ma se capita qualcosa nel campus, a chi dobbiamo rivolgerci?».

ARCAVACATA (CS) – Ha poco più di trent’anni ed è uno dei tanti stranieri dell’Università della Calabria. Viene dall’Africa centrale, all’Unical si è iscritto nel 2007, lo scorso anno ha conseguito la laurea magistrale in Filosofia e continua a studiare per prendere una seconda laurea. Nel frattempo ha un lavoro part time, sempre all’università, e abita nel cuore del campus, alle Maisonettes. Mai nessun problema all’Unical e a Cosenza. Almeno fino alla sera di Halloween, quando – di ritorno da una festa che aveva richiamato al Polifunzionale molti ragazzi dall’area urbana – è stato aggredito da quattro italiani. È lui stesso a raccontare al telefono quello che gli è accaduto. Erano le quattro del mattino e aveva deciso di lasciare da solo la festa e di rientrare nel suo alloggio. «Ho salutato gli amici e mi sono avviato verso le Maisonettes. Poco prima delle pensiline c’era un’auto ferma con cinque ragazzi. Probabilmente avevano bevuto. Uno di loro ha cominciato a dire “chi è questo qua, chi è questo qua”. Poi si sono rivolti direttamente a me, mi chiamavano, mi chiedevano che facessi là. Io – racconta – ho fatto finto di nulla. Fingevo di non sentire, o di non capire l’italiano. Intanto ero arrivato alle pensiline e sentivo, però, che mi stavano rincorrendo». Il ragazzo viene raggiunto da un colpo alla testa, cerca di allontanarsi più velocemente ma intanto altri tre lo raggiungono, lo bloccano, mentre l’altro continua a colpire.

LA FUGA E LA RICHIESTA D’AIUTO – «Proteggevo la testa, mentre cercavo di divincolarmi. Era una situazione incredibile, non mi era mai capitato. Fino a poco prima ero con degli amici, ci stavamo divertendo…», riferisce. Ad ogni modo, riesce finalmente a scappare, sfilandosi via la giacca e lasciandola in mano ai suoi aggressori. Raggiunge l’inizio del ponte Bucci e lì si accorge che a breve distanza è parcheggiata l’auto della vigilanza privata. All’interno c’è la guardia giurata che, con la visuale probabilmente ostacolata dalle pensiline, non si è accorta dell’aggressione. Il ragazzo bussa al finestrino, gli racconta cos’è successo, vorrebbe che il vigilante seguisse i ragazzi, che nel frattempo stanno tornando verso la propria auto. «Il quinto ragazzo mi aveva lanciato il giaccone e li aveva richiamati, diceva “lasciate stare, che fate”. Il vigilante mi ha chiesto se volevo denunciare e io ho detto che non conoscevo quei ragazzi, ma erano lì, potevamo seguire l’auto. Mi ha spiegato – continua il racconto – che dovevo chiamare i carabinieri per quello». La vigilanza privata ha infatti poteri limitati, può intervenire solo se sorprende qualcuno in flagranza di reato. Il ragazzo allora chiama i carabinieri, mentre gli aggressori nel frattempo sono già in auto. «Mi invitano a scendere a Quattromiglia, a recarmi in stazione per denunciare. Rispondo – continua – che la denuncia la posso pure fare, ma contro chi? Contro ignoti? Ma se capita qualcosa nel campus, a chi dobbiamo rivolgerci?».

LE SCUSE DEL NEO RETTORE – «L’aggressione che si è verificata l’altra notte è un fatto gravissimo, del quale chiederò di discutere nei prossimi giorni con le autorità competenti sul territorio in materia di sicurezza»: è il commento del neo rettore dell’Università della Calabria, Gino Mirocle Crisci, che esprime solidarietà al giovane africano: «Mi scuso a nome di tutta l’Università per la brutale aggressione che ha subito e gli esprimo i più sinceri sentimenti di vicinanza e di affetto. Con lui è stata colpita e offesa l’intera comunità di Arcavacata, che fonda la sua esistenza e la sua quotidiana azione educativa anche e soprattutto sulla volontà di affermare con forza i principi universali del reciproco rispetto e della pacifica convivenza tra le persone». 

Il rettore ha espresso l’intenzione di incontrare lunedì il giovane africano: «Gli confermerò il mio profondo rincrescimento per quanto accaduto ma, non di meno, la volontà di andare fino in fondo rispetto all’individuazione dei responsabili. Sarà anche l’occasione, però, per ricevere utili consigli e suggerimenti, in modo da avviare subito una profonda riflessione su una delle questioni più urgenti sul tappeto, alla quale intendo dedicare ogni energia».

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