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VIBO VALENTIA – Ci sono anche il fratello e due nipoti dell’ex senatore di An, Pdl e leader regionale di Fratelli D’Italia, Franco Bevilacqua, tra i destinatari della misura cautelare emessa dal gip di Roma Flavia Costantini nell’ambito dell’inchiesta “Hydra” condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Dda della Capitale.

Il fratello si chiama Ferruccio Bevilaqua, 67 anni, in passato arrestato per usura. Il primo nipote per il quale è stato disposto il carcere è Renato Bevilacqua, 44 anni, sempre di Vibo ma come il precedente residente a Roma.

Detenzione domiciliare invece nei confronti dell’altro congiunto, Alessandro Bevilacqua, 41 anni, originario di Vibo ma domiciliato nella Capitale; per Salvatore Sciré Cirneco, 49 anni, di Catania; Alfredo Bardogna, 50 anni, di Bergamo; e Simone Morano, 30anni, di Tropea.

Una ventina le perquisizioni effettuate a Roma e nelle province di Bergamo, Catanzaro e Vibo Valentia e sequestri di immobili, società e conti correnti, anche in Svizzera e negli Usa, per oltre 5 milioni.

Agli indagati, i finanzieri del Comando di Roma e del Nucleo speciale di polizia valutaria, contestano, a vario titolo, i reati di usura, abusiva attività finanziaria, intestazione fittizia di beni e riciclaggio di denaro di provenienza illecita, aggravati dalle modalità mafiose.

LA RICOSTRUZIONE – «Voi lì in Calabria, noi qui a Roma, ma siamo la stessa cosa, tutta una famiglia». Parlava così in una telefonata intercettata Ferruccio Bevilacqua, il “colletto bianco” della ‘Ndrangheta arrestato a Roma dalla Finanza, che ha sequestrato ristoranti, bar e immobili in gran parte a lui riconducibili anche a Miami, negli Usa, per 5 milioni di euro.

Secondo gli investigatori Bevilacqua, colpito da obbligo di dimora a Roma dal 2009, ha replicato nella capitale l’attività di usura e di reinvestimento di capitali illeciti che svolgeva nel Vibonese per il clan Mancuso, senza perdere contatto con la terra d’origine.

Il gruppo criminale di Bevilacqua applicava tassi usurari dal 160 al 600%, è stato accertato. I clan mafiosi a Roma «non si limitano a investire, immettere denaro di provenienza illecita – dice il procuratore aggiunto della capitale Michele Prestipino – ma i soggetti diventano operativi in settori criminali» come usura, droga ed estorsioni.

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