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VIBO VALENTIA – Il caso riguardava l’usura e l’estorsione – tentate e consumate – commesse, secondo l’accusa, ai danni del commerciante Domenico Antonio Esposito. Il tribunale di Vibo Valentia si era già pronunciato nei confronti dei cinque imputati comminando pene per un totale di 27 anni (a fronte dei 44 richiesti a suo tempo dal pm distrettuale Simona Rossi), e sentenziano al contempo la caduta delle modalità mafiose. Ieri, il nuovo capitolo della vicenda giudiziaria con il verdetto della Corte di Appello di Catanzaro. Che ha riderterminato le pene infliggendo condanne per complessivi 21 anni e quattro mesi. Si chiude, così, anche il secondo grado di giudizio del processo denominato Low Cost che vedeva rispondere delle accuse loro mosse Vincenzo Bartone, Domenico Monardo, Girolamo Macrì, Angelo Andreacchi e Francesco La Bella. 

Restano quelli più alti gli anni di reclusione a carico Vincenzo Bartone e Domenico Mondardo. Il primo (difeso dall’avvocato Enzo Galeota e Gianni Russano) è stato condannato a sei anni e otto mesi (due in più rispetto a quelli inflitti dall’organo collegiale di Vibo il 4 ottobre dello scorso anno) e 10.000 euro di multa; e il secondo (avv. Diego Brancia) si è visto comminare una pena di sei anni mezzo (a fronte dei sette del primo grado) e 11.000 euro di multa. Riduzione marcata per Girolamo Macrì (avv. Francesco Muzzopappa e Nicola Cantafora) condannato a 3 anni e 8 mesi (contro i sei precedenti) e 10.000 euro di multa. Rideterminazione di quattro mesi rispetto alla sentenza del Tribunale vibonese, infine, nei confronti di Angelo Andracchi (avv. Bruno Ganino e Antonio Galati) e Francesco La Bella (avv. Ganino): per entrambi 2 anni e due mesi ciascuno. Per quasi tutti resta valida l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, contrariamente che per Macrì nei confronti del quale è stata riconsociuta una durata di cinque anni. 
Il processo “Low Cost” prende spunto da un’inchiesta condotta del 2009 dai carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno al tempo guidata dal capitano Orazio Ianniello che aveva raccolto le dichiarazioni rese proprio da Domenico Antonio Esposito.
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