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POTENZA – «Siamo pronti e auspichiamo che il Riesame accolga in pieno la nostra richiesta di annullare l’ordinanza cautelare nei confronti del sindaco».
Saranno questa mattina di fronte al Tribunale della libertà il primo cittadino di Melfi, Livio Valvano, e il suo legale difensore, l’avvocato Gaetano Araneo.
Al telefono col Quotidiano Araneo si è mostrato fiducioso nell’esito della discussione, dopo un fine settimana trascorso a studiare le “carte” dell’inchiesta che ha portato all’arresto del capo dell’ufficio tecnico Bernardino D’Amelio (ai domiciliari), del sindaco (domiciliari convertiti in divieto di dimora a Melfi, degli imprenditori Emilio e Antonio Caprarella, e del factotum della loro ditta Gerardo Caccavo (tutti e 3 ai domiciliari).
Dal provvedimento del Riesame dipenderà la sorte della sospensione di Valvano dal suo incarico elettivo, scattata per effetto della Legge Severino, e rimasta immutata anche dopo l’interrogatorio di garanzia, e la conversione degli arresti domiciliari col divieto di dimora a Melfi. Sospensione che perderà effetto se la misura cautelare nei suoi confronti sarà annullata o sostituita con una ancora più “blanda”, che non gli impedisca di essere fisicamente presente in Comune.
Valvano è accusato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, abuso d’ufficio (in concorso con 3 dei 4 membri della vecchia giunta) e truffa aggravata per aver approvato quella variante. Lavori affidati a una ditta dei Caprarella, chiedendo in cambio la realizzazione di alcuni ascensori. Quindi induzione indebita per aver fatto assumere una donna bisognosa alla ditta degli stessi Caprarella, che stava realizzando sia le case popolari sia i lavori di ammodernamento dell’istituto Nitti. E ancora abuso d’ufficio per alcuni lavori di somma urgenza affidati ex post ancora ai Caprarella. Infine turbata libertà del procedimento di scelta del contraente per un appaltino assegnato alla ditta del cognato di un consigliere comunale, Antonio Sassone, che avrebbe minacciato di non votare il bilancio del Comune.
Accuse che la scorsa settimana il primo cittadino di Melfi ha respinto con fermezza di fronte al gip Tiziana Petrocelli, spiegando che le delibere con cui la giunta ha approvato varianti come quella ai lavori delle case popolari sono state sempre soltanto delle “prese d’atto” del lavoro svolto dagli uffici. Provvedimenti “politici” senza entrare nel merito delle questione di competenza esclusiva dei dirigenti responsabili del Comune. In primis Bernardino D’Amelio.
Oggi a Potenza ci sarà anche il legale di Bernardino D’Amelio, l’avvocato Giuseppe Colucci, che aveva presentato ricorso prima ancora che il gip decidesse di scarcerare il suo assistito concedendogli i domiciliari.
L’inchiesta degli agenti della Squadra mobile di Potenza, coordinati dal pm Francesco Basentini, era iniziata nel 2013 a partire dagli affari di Emilio e Antonio Caprarella, già nel mirino dell’antimafia per i rapporti col clan Di Muro. Poi sono emersi i contatti con l’architetto D’Amelio ed è arrivata la svolta, quando gli investigatori hanno iniziato a captare le conversazioni captate da una microspia nella sua stanza.
In totale gli indagati sono 25, per reati che vanno, a vario titolo, dalla turbata libertà nella scelta del procedimento all’abuso d’ufficio.

l.amato@luedi.it

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