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CATANZARO – Ha deciso di porre fine alla propria vita affidandosi ad una clinica di Basilea in Svizzera il magistrato Pietro D’Amico, originario della frazione Piscopio di Vibo Valentia. Aveva 62 anni e da tempo combatteva contro il male oscuro della depressione e in Svizzera, mantenendo piena lucidità, ha chiesto che gli venisse praticato il suicidio assistito. Nella sua carriera D’Amico ha svolto dapprima funzioni di magistrato di sorveglianza a Varese con competenza sulle province di Varese, Como e Sondrio. In seguito ha svolto funzioni di pretore presso il mandamento di Cetraro. Dal 1985 al 1987 è stato al ministero di Grazia e Giustizia con funzioni amministrative mentre dal 1987 al 1992 ha ricoperto il ruolo di magistrato di sorveglianza presso il tribunale di Reggio Calabria. Dal 1992 al 1994 è stato giudice presso il tribunale di Catanzaro mentre dal 1994 al 1996 ha ricoperto il ruolo di componente della commissione di esami del concorso per uditore giudiziario. Dal 1995 ha ricoperto il ruolo di sostituto procuratore generale presso la procura di Catanzaro. Negli anni scorsi era stato indagato insieme ad altri magistrati dalla Procura di Salerno per una fuga di notizie riguardante la perquisizione a carico di un parlamentare nell’ambito dell’inchiesta Poseidone sui presunti illeciti nella gestione dei fondi per la depurazione. D’Amico era stato prosciolto dalle accuse ma ne aveva subito un grande disagio tanto da aver deciso di abbandonare la toga commentando che «questa magistratura non mi merita».

Intanto, i familiari fanno sapere che Pietro D’Amico era andato in Svizzera per praticare il suicidio assistito senza avvertire i parenti, né nessun altro. Nello specifico a riferirlo è il cugino dell’ex magistrato, Pietro Giamborino. «Ciò che non riusciamo a spiegarci – dice ancora Giamborino – è come sia stato possibile che nessuno dalla clinica di Basilea ci abbia avvertito della volontà di morire espressa da Pietro. Possibile che una semplice volontà di morire possa fare scattare la procedura del suicidio assistito?. Stiamo valutando se agire legalmente nei confronti di chi lo ha aiutato a morire».   «Pensavamo che fosse partito – aggiunge Giamborino – per i uno dei suoi soliti viaggi in auto. Viaggiare, soprattutto in automobile, era una delle sue grandi passioni. Lo faceva spesso soprattutto da quando tre anni fa aveva lasciato la magistratura dopo essere stato coinvolto in una vicenda giudiziaria dalla quale era uscito totalmente indenne. Ed era ancora molto attivo nello studio delle scienze giuridiche».   «Aveva scritto molti volumi – conclude – soprattutto di Filosofia del diritto e di Diritto romano, alcuni dei quali sono stati adottati come libri di testo da alcune università ed aveva molteplici interessi. Era, insomma, una persona di grande cultura, non solo giuridica. Costituiremo una fondazione per portare avanti i suoi studi giuridici». 

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