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VIBO VALENTIA – Al carcere duro c’era finito nel gennaio del 2011 su richiesta della Dda di Catanzaro con provvedimento dell’allora ministro della giustizia Paola Severino. Su di lui pesavano le intercettazioni, considerate dei veri e propri ordini impartiti alla moglie. Adesso, dopo quasi quattro anni, Leone Soriano, 49enne presunto boss indiscusso dell’omonima consorteria di Pizzinni di Filandari lascia quel regime carcerario per essere detenuto in quello ordinario.

Questo per effetto della decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma, competente per il Distretto del Lazio, che ha accolto il reclamo proposto dall’avvocato Diego Brancia, del Foro di Vibo, legale di fiducia dell’uomo condannato in Appello a 15 anni e 6 mesi di reclusione per associazione mafiosa nell’ambito del processo “Ragno” contro il presunto sodalizio.

Leone Soriano era stato stato ritenuto in grado di mettere in pericolo l’ordine e la sicurezza, anche durante il periodo di restrizione nel carcere di Cosenza. Ragioni, queste, che avevano disposto l’aggravamento della misura detentiva per la durata di quattro anni presso la casa circondariale di Viterbo.

Dopo due rigetti, il difensore del presunto boss si è visto accogliere la richiesta di giudici che hanno stabilito come, «nonostante il divieto normativo di revoca anticipata del regime di carcere duro, va condivisa l’opinione difensiva che in caso di modifica delle condizioni originarie, si possa procedere alla revisione e quindi alla revoca del 41 bis. Si conviene con il difensore sull’ammissibilità della revoca atteso che la citata nota del Ministero della Giustizia è una mera comunicazione della conferma, allo stato, del regime detentivo speciale, senza specificarne le motivazioni. La sentenza del 3 maggio 2013 del Tribunale di Vibo (processo “Genesi”) ha reputato insufficienti le dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia in quanto generiche, a volte confuse e prevalentemente riguardanti l’attività di spaccio».

Leone Soriano, accusato in passato di aver minacciato giornalisti, politici e magistrati, è tutt’ora detenuto nel carcere di Secondigliano per cumulo di pene relative a tre condanne.

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