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MATERA – C’è il rubinetto di una doccia che non esiste più. C’è la porta chiusa, sospesa nel vuoto. C’è quella che una volta era una stanza, oggi scavata dal vuoto sinistro del crollo. C’è tutto, in quel punto di vico Piave sbriciolato in pochi secondi un anno fa. Tutto tranne la vita. Due, quella di Antonella Favale e di Nicola Oreste, sono state cancellate dal cedimento delle due palazzine. Le altre sono state tramutate in qualcosa di diverso: in ostinati che non alzano la voce ma pretendono risposte. Quelli che ieri, convinti che quella strada non debba essere solo un monumento, si sono ritrovati e hanno guardato le mura delle loro case che non ci sono più e per le quali in molti pagano ancora il mutuo.
Sono le 10.46 quando la sirnena di un’ambulanza porta indietro la memoria a quelle ore concitate tra la polvere delle macerie.
In tanti in lacrime, ieri, si sono radunati quasi istintivamente, attorno a Graziella Laguardia, madre di Antonella Favale, la voce più straziante e straziata che davanti alle protezioni in ferro che nascondono parte delle palazzine cadute, ha chiamato ancora sua figlia, come accadde un anno fa. L’ha cercata ancora, non si rassegna, la racconta ad alta voce.
E’ davanti a lei che in molti hanno abbassato la testa, in mancanza di risposte, di spiegazioni, di motivi validi che possano spiegare una tragedia come questa e rendere placido il cuore di una madre, donandole la rassegnazione per un’assenza.
La giornata della memoria organizzata in Vico Piave a un anno dalla tragedia è servita a ricordare, a piangere, a disperarsi guardando però avanti. L’iniziativa promossa dagli sfollati insieme all’associazione Nazionale Polizia di Stato, Cittadinanza Attiva, Corban (dialogo interreligioso), Gruppo Volontari per l’Ambiente e Legambiente ha lasciato che a parlare fossero anche le parole di alcune pagine del libro di Italo Calvino “le città invisibili” che dai balconi di quella strada (quelli rimasti intatti, che guardano proprio sul cratere) sono state lette dai componenti del gruppo Iac di Andrea Santantonio.
A pochi passi dalle mura crollate si sono ritrovati docenti e alunni del liceo musicale “Stigliani” di Matera (Marianna Casarano, Gregorio Giamba, Veronica Iannella e il prof. Angelo Basile) che hanno eseguito brani di Vivaldi, Piovani, Morricone e Tiersen. C’è anche il soprano Angela Girardi che canta “Nell’aria” di Simona Molinari e Giò Di Tonno.
Foto, fiori bianchi deposti dai bambini della parrocchia, poesie, per ricordare il volto che è diventato il simbolo di quella tragedia, quello di Antonella Favale, rimasta intrappolata sotto le macerie poco dopo le 7 di quell’11 gennaio 2014 che in pochi, a Matera, dimenticheranno.
E’ una tragedia che avrebbe potuto essere evitata? In molti se lo chiedono ma è il disaster manager Pio Acito a sottolineare il tema centrale che non deve essere sottovalutato: la prevenzione.
«In questa strada per 24 ore la città di Matera, quel giorno, c’è stata tutta. Forze dell’ordine, volontari, Croce rossa. Tutte le divise hanno lavorato in una situazione di grande pericolosità.
Questa città, però, manca di prevenzione, quello che è successo in vico Piave succede ancora troppe volte in Italia. I cittadini devono fare attenzione, rompere le scatole agli uffici tecnici comunali, a chiamare i vigili del fuoco e chiedere le verifiche dei loro fabbricati. Meglio dar fastidio prima che subire il peso dei morti».
La Regione, intanto, nella Finanziaria approvata sabato notte previsto un fondo straordinario con 200mila euro per il Comune di Matera destinato alla messa in sicurezza di vico Piave. Altri 100mila euro sono assegnati sia al Comune di Matera che a quello di Montescaglioso proprio per alleviare il disagio delle famiglie sgomberate.

a.ciervo@luedi.it

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