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UNA speranza durata oltre due mesi che rende ancora più profondo il dolore per questa morte. La seconda. Un’intera città ha seguito con il fiato sospeso, in quella giornata dell’11 gennaio e fino ad oggi, le sorti di Nicola Oreste. E’ rimasta per oltre 13 ore in trepidante attesa mentre i vigili del fuoco e tutte quante le forze dell’ordine si prodigavano per tenere in vita una speranza. E’ un’intera città che ha gridato al miracolo nel momento in cui l’ingegnere comunale è stato tirato fuori dalle macerie, miracolosamente vivo dopo oltre 13 ore anche se le sue condizioni erano naturalmente gravi.  Ma c’è stata la speranza e la preghiera di tutti affinchè ce la potesse fare. Il compimento migliore di una giornata tremenda  a cui ha fatto seguito di lì a poco la notizia della tragica morte di Antonella Favale di 31 anni.

Da quella sera tutti erano convinti, fiduciosi, che il tragico bilancio di quell’11 gennaio si limitasse (termine improprio anche se efficace) ad una sola persona e non di più. Matera si è stretta attorno ad Antonella Favale ed ha sperato per Nicola Oreste.  La giornata dell’11 gennaio per tanti, anche per chi scrive, resterà purtroppo indimenticabile e non solo per lo scenario apocalittico che quel crollo ci ha posto davanti ma soprattutto per il modificarsi di speranze e sensazioni che si sono addensate. Il sospiro di sollievo al momento in cui è stata trovata Sara Elia poche ore dopo il crollo, le notizie che si rincorrevano in quelle ore.

La speranza che i vigili del fuoco sentivano delle voci arrivare dalle macerie: “E’ Antonella, l’hanno trovata. La tirano fuori”. Parole che servivano per affrontare e mitigare in tutti noi quella terribile realtà. Poi il passare del tempo, la fatica dei vigili del fuoco, il terrore delle famiglie scappate via in pigiama o poco più. La paura negli occhi e nelle parole di chi è riuscito a raccontarlo.

Quella giornata è andata via così con un pomeriggio nel quale le ricerche ininterrotte lasciavano spazio ad una preoccupazione sempre maggiore. L’idea che non c’era niente da fare che ad un certo punto sembrava prevalere. Anche se nessuno voleva cedere alla ragione.

E poco dopo le 19, quella speranza è tornata a vivere, sono stati identificati Nicola Oreste vivo e poi, purtroppo, Antonella. L’opera di recupero ha portato a trarre in salvo intorno alle 21 l’ingegnere. Un boato di gioia, una forte speranza e l’idea che quel lavoro, quelle ore non era passate invano.

I giorni che passano in Ospedale hanno lasciato pensare che Oreste potesse riprendersi anche se non è mai uscito dalla rianimazione e la sua prognosi non è mai stata sciolta.

Nel frattempo la ricerca delle responsabilità, le indagini, le perizie in una vicenda che ha 12 indagati e vari possibili livelli di responsabilità in termini di interventi sullo stabile e di controlli fatti.

Tra questi anche Oreste e la moglie, una sorta di beffa o di assurdo contrappasso che rimane lì ma su cui dovrà essere il tempo a dire, come spesso avviene, la verità. Oggi ciò che appare evidente è che queste storie passano in secondo piano rispetto ad una città che piange le sue vittime e che ha molto da riflettere su questa tragica vicenda. Nei prossimi giorni e mesi si avrà modo di ricostruire ciò che è successo. Nel dettaglio. Di far valere ragioni. Di fare giustizia. Oggi purtroppo quello che prevale è il dolore e quel miracolo a cui tutti abbiamo gridato nel momento in cui è stato ritrovato Oreste che non è stato portato a compimento.

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