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BARCELLONA – La Guinea equatoriale è uno di quei Paesi dell’Africa di cui non si sente mai parlare. Un territorio, a sud del Camerun, da circa 40 anni sotto una terribile dittatura, dopo l’indipendenza dalla Spagna di Franco nel 1968. Sui libri di geografia si legge “Repubblica della Guinea Equatoriale “ma di fatto non è mai stata democrazia. Dopo le terribili esperienze del colonialismo che ha tracciato i confini africani con riga e sangue, il potere della Guinea Equatoriale passò nel 1972 al primo presidente eletto Francisco Macías Nguema che non tardò ad auto-proclamarsi presidente a vita. Lo è stato fino al 1979, dispensando morte e miseria nel Paese poi una breve ed effimera speranza di democrazia nel colpo di stato del nipote del presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, ma da allora governa come un dittatore facendo continui passi indietro. Nel 1995 vengono scoperti nella Guinea Equatoriale considerevoli giacimenti di petrolio, tanto importanti da fare del Paese quarto produttore di petrolio dell’Africa sub sahariana. La scoperta di questa risorsa ha portato al consolidamento delle disparità, al rafforzamento del potere assoluto di Obiang, alla distruzione dell’ambiente e conseguente aumento della violenza verso il popolo: fucilazioni e centinaia di omicidi. Nella Guinea Equatoriale mancano ospedali
e scuole; qualsiasi forma di cultura è soppressa per dar vita al rafforzamento delle divisione etniche, secondo il detto latino: “ divide et impera”.
Ad uno stato corrotto, violento e completamente votato al genocidio legalizzato si oppone l’indifferenza dei Paesi cosiddetti democratici; lo scorso 10
febbraio Josè Bono presidente del “Congreso de los diputados” (camera) spagnolo fa visita al dittatore. Da quel momento il più grande scrittore
della Guinea Equatoriale, Juan Tomàs Avila Laurel (in foto) inizia lo sciopero della fame, contro il governo spagnolo che anziché combattere il regime preferisce trovare accordi. Juan Tomas che da anni con i suoi libri, poesie e opere teatrali racconta questa realtà, approfitta di questo evento
per richiamare l’attenzione sul suo Paese, per sensibilizzare i popoli, per auspicare una rivoluzione democratica come nel nord Africa. Dal 10 febbraio continua il suo sciopero, ma ha dovuto lasciare, temporaneamente per motivi organizzativi, la sua amata Malabo (capitale della Giunea Equatoriale) per la Spagna. A suo sostegno è stato scritto un manifesto (diffuso anche su facebook) firmato da ricercatori, scrittori, poeti, filosofi e intellettuali in genere: tra i sostenitori il grande Noam Chomsky.

In esclusiva grazie all’interessamento e alla collaborazione della dottoressa Selena Nobile esperta di letteratura e lingua Ispano-africana e docente all’Università di Basilicata, Lecce e Cosenza, riusciamo, per “ Il Quotidiano della Basilicata”, a contattare tra i suoi numerosi impegni tra Barcellona e Madrid, Juan Tomas per un’intervista, la prima concessa ad un giornale italiano.

Lei è senza dubbio uno degli scrittori e intellettuali più rappresentativi della Guinea Equatoriale. Perché uno scrittore deve iniziare uno sciopero della fame? Perché il potere ha paura delle parole di uno scrittore?Lo sciopero della fame è uno modo, eclatante, perfino drastico, per richiamare l’attenzione. Queste forme si scelgono quando colui che inizia l’azione è solo e vuole che, il suo gesto, sia efficace. È chiaro anche che è molto pericoloso. I mezzi di comunicazione in Guinea Equatoriale non permettono il contatto necessario per informarsi e prendere delle decisioni corrette. Questo significa che siamo isolati. Il potere ha paura quando ci sono delle parole di uno scrittore, poiché le sue parole ne denunciano vizi e debolezze e poiché le sue parole possono giungere a tante persone. Nella lettera al Presidente del Camera Spagnola José Bono, lei tra le altre cose, denunciava l’appropriazione e l’esportazione delle ricchezze del suo Paese da parte del dittatore Teodoro Obiang Nguema e della sua famiglia.

Perché la comunità internazionale tace? Perché continua a collaborare, nonostante tutto con il regime?Perché ne ottiene dei vantaggi, è evidente. E perché il sistema politico mondiale è basato sull’ipocrisia. Inoltre, è risaputo che non permetterebbe mai che un’emergenza economica mettesse a rischio l’egemonia politica delle potenze mondiali.

Come si vive nel suo paese? Qual è la situazione contingente in Guinea Equatoriale? Pensa inoltre che gli intellettuali possano svolgere un ruolo decisivo in questo processo di cambiamento in corso?
Lo straniero che si trovasse in Guinea forse a prima vista non si renderebbe conto della situazione. Nelle città guineane non c’è acqua potabile e l’elettricità è scarsa. Moltissima gente vive in case nelle quali potrebbero vivere solo dei primitivi. La gente ha paura di parlare o di denunciare e
soffre arbitri e maltrattamenti da parte di coloro che comandano e dai loro seguaci. Gli intellettuali, tutti, devono agire. Sempre nella sua lettera rivendica il diritto del popolo guineoequatoriano a vivere con dignità, a salvaguardare l’ambiente e le risorse naturali.

Perché è così forte la richiesta di difesa e di salvaguardia dell’ambiente in un paese così ricco di petrolio?Perché tutto si può distruggere soprattutto se non si adottano le misure necessarie per controllare e prendersi cura dell’ambiente. I residui urbani, la deforestazione, assieme all’urbanizzazione selvaggia, distrugge l’ecosistema e quindi noi stessi.

Come ha intenzione di proseguire nella protesta?Le azioni da compiere devono essere ripensate continuamente. Dobbiamo cercare sempre nuove strategie per ristabilire l’uguaglianza, la giustizia e l’umanità

Qual è la sua idea di democrazie e di libertà?Nel mondo ci deve essere, a parte tutto questo, prima di tutto uguaglianza. Se pochi hanno troppo e tanti non hanno nulla c’è una grande falla nel sistema.

Perché si ha paura a confrontarsi con il male? Come si sente un uomo come lei, quando, superata la paura lo sfida con forza e determinazione?Il male esiste in varie forme e cambia in continuazione oppure annulla la natura dell’uomo. Colui che non agisce come ci si aspetta che faccia un essere umano vuol dire che è contaminato, colpito dal male. Colui che supera la paura molte volte è solo, nel mondo abbiamo bisogno che molte persone superino la paura. Colui che ci riesce, agisce con determinazione ed efficacia. Diceva Brecht: “Infelice quel popolo che ha bisogno di eroi”.

Si sente un eroe?
Felice il popolo che trova il suo eroe, se lo salva dal pericolo. Oggi il mondo ha bisogno di una comunità, di una collettività. Non possono più nulla oramai eroi isolati, come nelle fiabe.

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