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Greta e Vanessa. Due ragazze, due amiche, una passione: il volontariato. L’idea di aiutare il mondo. E non esistono estati, non esistono momenti giusti o sbagliati. Luoghi giusti o sbagliati. Così sono partite per la Siria, dove in questi giorni sono state rapite. A livello nazionale i commenti si dividono. Alcuni dicono: “Cosa ci sono andate a fare se c’è la guerra. Se la sono cercata. Non potevano andare al mare come tutte le loro coetanee?”.  Certo, potevano. Ma hanno fatto un’altra scelta. Sono tanti i giovani che ogni anno decidono di dare un altro senso alle vacanze estive, partecipando a innumerevoli progetti di volontariato, anche importanti come quello di aiuti umanitari  di Greta e Vanessa. Di seguito raccontiamo le storie di due lucane che, come loro, hanno avuto lo stesso coraggio. Angela e Gabriella. L’una partita per l’Albania e il Kossovo, l’altra per l’Angola. Esperienze diverse ma la stessa visione del mondo: non girarsi dall’altra parte.

QUANDO comincerai a vedere il mondo in modo diverso, il mondo comincerá a cambiare. C’è questa frase sul diario Facebook di Angela Blasi. Appena sopra il link della notizia delle due volontarie italiane rapite in Siria. Potrebbe voler dire tante cose, se non fosse che questa frase tratta da una canzone di Martasuitubi accompagna una serie di foto del suo ultimo viaggio in Albania. Angela è una volontaria. Proprio come Vanessa e Greta. E’ il secondo anno che trascorre una parte dell’estate in questo Paese che ora sì, non è più in guerra, ma ne porta ancora evidenti le ferite, specialmente nelle periferie. E’ lì, nella povertà più assoluta, che opera Angela e il gruppo “Animazione missionaria” dell’ispettoria meridionale del Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo). Angela è tornata quest’anno dopo due anni. Per due settimane a Berdice ha organizzato l’Estate ragazzi, ovvero giochi, laboratori sulla base di una storia o di un cartone in lingua albanese e momenti di preghiera per circa 70 bambini dai 2 ai 14 anni. Ogni mattina con il pulmino da 9 posti insieme a Don Michele passavano a prendere i ragazzi casa per casa. Tutte le attività si svolgevano dalle 8.30 alle 12.30. Il pomeriggio si stava a casa. «Sono molto tradizionalisti – racconta Angela – fino al limite dell’estremo. Ci sono villaggi nei quali vige ancora il così detto calun, ovvero se un membro di una famiglia uccide qualcuno di un’altra famiglia ha il diritto di vendetta per sempre. Per questo motivo ci sono villaggi in cui la gente non esce di casa». La maggior parte è di religione cristiana. «Ma quei pochi mussulmani che ci sono – dice – apprezzano molto l’opera dei salesiani». Non ci sono mai stati episodi in cui ha avvertito davvero il pericolo, però racconta di un episodio in particolare, dove ha avvertito la distanza culturale e il timore che la situazione fosse difficile da gestire. «Una volta – racconta – ci siamo trovati in una piccola rissa. Nel giro di pochi minuti siamo stati circondati da una marea di auto. E’ dovuto intervenire il nostro sacerdote». Diverso invece in Kossovo, dove Angela è stata 5 anni fa ed è tornata quest’anno per qualche giorno. Qui la convivenza multietnica è ancora molto difficile, specialmente con i serbi, che fanno vita a sè. «La cosa che più mi ha fatto pensare è che tutto è a un passo da noi. Se devo dire di aver avuto paura paura no. Però è anche vero che camminare con il presidio delle forze ramate per la presenza delle basi Nato, non è il massimo». Qualche segnale di “non benvenuto”  cè stato. Come l’obbligo, in alcuni villaggi, a non portare il crocifisso al collo. «Qui il 90 per cento delle persone è mussulmana e un pò di tensione si avverte». A Gjlan  anni fa è partito un progetto per la costruzione di una scuola «laddove – spiega Angela  – c’era solo terra e un capannone». Oggi ci sono 60 iscritti. La scuola aprirà quest’anno fino all VI, ovvero dalle nostre elementari alle superiori, per lo più professionali. «Queste esperienze ti riempiono il cuore- dice Angela – e se le vivi con semplicitá ed umiltá ti cambiano la vita». Quindi proprio non riesce a leggere commenti sulle due ragazze rapite, del tipo “se la sono voluta, non poteva andare al mare come tutti”. «Non ci si lancia così, all’avventura. Le due ragazze sono impegnate sempre, tutto l’anno. Per chi fa queste esperienze non è un capriccio, ma uno stile di vita. Credo non ci sia frase migliore per poter spiegare la motivazione che spinge a dei ragazzi a intraprendere strade simili:  chi vuole fare qualcosa trova sempre il modo chi vuole fare nulla trova sempre una scusa. E’ scritto sulle nostre magliette dell’Estate ragazzi. E’ un proverbio arabo».

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