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La Sesta sezione della Corte di Cassazione il 20 luglio prossimo a pronunciarsi sul ricorso presentato dagli avvocati Enzo Galeota, Vittorio Platì e Francesco Iacopino nell’interesse di M’Hamed Garouan, Imam della moschea di Sellia Marina (Catanzaro), Brahim Garouan, 25 anni, figlio dell’Imam, e Younes Dahhaki, 28 anni, residente a Lamezia Terme (Catanzaro), i tre magrebini coinvolti dell’inchiesta “Nostalgia”, con le accuse di svolgere attività di terrorismo internazionale, vicino ad Al Quaeda. Tutti e tre, sono attualmente detenuti in carcere (l’Imam in Campania, il figlio in Sardegna e Dahhaki in Calabria) in esecuzione del provvedimento emanato dal gip e confermato dal Riesame contro cui, in prima istanza, avevano ricorso i legali. Per i giudici che il 23 marzo scorso, depositarono le motivazioni con le quali rigettarono il ricorso, «l’adozione e il mantenimento della misura cautelare applicata è imposta dalla sussistenza di imperiose esigenze cautelare». In sintesi ricorrono gravi indizi di colpevolezza in relazione «alla fattispecie delittuosa così come contestata nell’imputazione».
Secondo gli investigatori infatti, l’attività delittuosa pare sia stata consumata proprio in ambito domestico soprattutto attraverso il collegamento alla rete internet «tant’è che, se ricollocato presso il proprio domicilio, sarebbe ragionevolmente impossibile anche predisponendo i controlli più serratissimi, impedire al custodito il proseguimento della condotta criminosa». Per i tre uomini le accuse formulate dagli inquirenti sulla scorta delle indagini condotte dai poliziotti della Digos di Catanzaro parlano di presunte attività di addestramento alle azioni violente con finalità di terrorismo, radicalizzazione e proselitismo nei confronti di appartenenti alle comunità islamiche, poichè i tre marocchini, secondo gli inquirenti, utilizzavano la rete internet per procacciarsi e diffondere documenti multimediali riguardanti l’uso di armi ed esplosivi, e software per il sabotaggio dei sistemi informatici.

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