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Illustrazione di Roberto Melis

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Continuamente usiamo termini quali bello e brutto per indicare ciò che approviamo, “ci piace”, o meno. Il valore che la bellezza genericamente indica ha infiniti aspetti, vari colori; anziché parlare di bellezza tout-court, preferirei parlare di valore estetico e di riuscita artistica.

La nostra tradizione poi ha offerto una tavolozza ampia e duttile per dar voce alle principali sfumature della qualità estetico-artistica: il sublime, il comico, il tragico o il grazioso, persino il brutto; perché trascurarle? Il bello è forse l’ideale verso cui in vari modi tende la vita estetico-artistica, ma è generico, e arduo da precisare.

Ai discorsi sul Bello o sul Brutto in genere preferisco la considerazione di singoli eventi artistici, o di loro scorci parziali. Prendo dunque un caso stranoto, e assai discusso, cui tuttavia bellezza o bruttezza di per sé mal si adattano: La donna è mobile.

Rigoletto dunque, terzo atto, scena nona, per la terza volta il Duca canta La donna è mobile. Molti ostacoli si oppongono a definirla “bella”: la banalità dei versi e della melodia, la situazione, in cui interagiscono la deformità del protagonista, il sacco, il paesaggio angosciante, dominato da un fiume cupo; gli echi del temporale e del delitto di poco antecedenti. Eppure la scena, che sfocia in un finale in cui risuona, struggente, l’aria di Gilda morente, è artisticamente riuscita, indubbiamente.

La censura taccia di “ributtante immoralità e oscena trivialità” il libretto di quest’opera. Eppure Verdi ne rivendica l’efficacia estetico-artistica, che non coincide affatto con la loro bellezza poetica. La donna è mobile è per solito disprezzata per la sua modestia sul piano estetico; in un’ottica propriamente artistica per contro viene riscattata la sua “verità” drammaturgica. Ha una sua funzione non trascurabile nell’insieme del terzo atto di Rigoletto: dalla prima volta in cui viene cantata in tono scanzonato e derisorio, fino al suo ricomparire, raggelante, verso il finale.

Dove Rigoletto crede che si sia compiuta la sua vendetta, e sente invece la maledizione incombere su di sé: il canto attesta che il Duca è vivo, nel sacco si trova la figlia morente. Rigoletto è personaggio angosciante, “beffardo e patetico insieme”, “falsamente allegro”, “tanto malefico quanto sublime”; ma benissimo delineato. Come sempre in Verdi, non importa che il cantante abbia una “bella voce”: può anche “stonare”, purché sappia declamare, recitare con espressione e verità la propria parte.


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