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POTENZA – Prescrizione per l’accusa di abuso d’ufficio. Assoluzione da quella di peculato «perché il fatto non sussiste», e da quella di falso «per non aver commesso il fatto».

Così ha deciso ieri pomeriggio la Corte d’appello di Potenza annullando la condanna in primo grado a 4 anni di reclusione per Franco Gravina, l’ex responsabile del Programma integrato di sviluppo urbano (Pisu) del Comune di Matera.

L’indagine è la stessa per cui nel 2005 Gravina era già finito agli arresti domiciliari, e nel 2011, subito dopo la condanna in primo grado, era scattata la sua sospensione mentre era in servizio come dirigente dell’ufficio Sassi. Nei prossimi giorni, quindi, spetterà al Comune disporre il suo reintegro nel ruolo e nelle funzioni che aveva prima. 

Nel mirino degli investigatori della Guardia di finanza, coordinati dal pm Salvatore Colella, era finito un giro di consulenze esterne e gratificazioni elargite ai dipendenti del Comune tra il 2003 e il 2004. Al centro c’era un progetto ambizioso da 32 milioni di euro finanziato con fondi europei e una quota di questi, 145mila euro, era finita nelle tasche di cinque fortunati. Senza badare più di tanto alle professionalità del personale interno all’amministrazione, tantomeno alle forme di pubblicità previste per scegliere i migliori tra gli iscritti all’albo delle collaborazioni esterne.

Si trattava di un gruppo di lavoro sotto il diretto controllo di Gravina, che di suo si sarebbe auto-liquidato quasi altri centocinquantamila euro. Ma ad approvare il tutto era stata la giunta comunale dell’epoca guidata dal sindaco Michele Porcari, che per questa stessa vicenda è stato condannato in primo e secondo grado per abuso d’ufficio, e assolto in Cassazione con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, assieme agli assessori delle giunte dell’epoca. Incluso l’attuale consigliere regionale Pd Achille Spada.

Per l’accusa, infatti, le opere previste nel programma integrato di sviluppo urbano (Pisu) in molti casi superavano la soglia dei 500mila euro di spesa, oltre la quale andrebbe rispettata la legge che prevede che una stessa persona non possa cumulare le funzioni di responsabile del procedimento e di progettista. Come non si sarebbero potuti sommare gli incentivi previsti per retribuire compiti che in casi del genere di solito si protraggono ben oltre il canonico orario di lavoro, e le responsabilità di natura contabile, amministrativa, penale e civile. A Gravina, invece, riusciva molto bene, grazie anche al team che aveva messo in piedi. Inoltre, in più in un’occasione, sempre secondo gli inquirenti, Gravina aveva attestato che i progetti preliminari delle opere del Pisu erano stati realizzati all’interno del Comune, elargendo altri 18mila euro a una trentina di dipendenti. Mentre in realtà non avevano fatto granchè.

L’ultimo episodio addebitato a Gravina risale ai giorni in cui l’inchiesta era venuta allo scoperto, con gli interrogatori della super-squadra, quando gli investigatori hanno registrato una serie di contatti telefonici, che sono stati interpretati come il tentativo di concordare una versione.

L’architetto Gravina sarebbe andato anche da un ingegnere e gli avrebbe chiesto di fornirgli un documento dove si attestava che all’epoca dell’accordo di programma tra Regione e Comune per il finanziamento del Pisu, non c’erano funzionari del Settore tecnico-lavori pubblici da impiegare. Quel documento però non sarebbe mai esistito. Per questo entrambi sono stati accusati di falso e condannati in primo grado. Ma l’ingegnere nel frattempo è deceduto e ieri è arrivata l’assoluzione di Gravina «perché il fatto non sussiste».

Quanto, invece, all’accusa più grave, quella di peculato per gli incentivi intascati, le motivazioni della decisione verranno depositate entro 90 giorni. Ma di fronte ai giudici della Corte d’appello di Potenza presieduta da Francesco Verdoliva, relatore Alberto Iannuzzi e consigliere Rosa D’Amelio, anche il sostituto procuratore generale Modestino Roca chiedendo la conferma della condanna aveva espresso qualche perplessità. In particolare su un punto evidenziato dagli avvocati Nicola Buccico e Amedeo Cataldo, che hanno assistito Gravina in Appello: ovvero la possibilità che un accordo di programma come quello approvato permettesse delle deroghe ai criteri con cui per legge devono – o non devono essere – elargiti gli incentivi.

Ieri in aula ha assistito alla discussione di accusa e difesa anche lo stesso Gravina, ma all’uscita dall’aula, nonostante la visibile soddisfazione, ha preferito non commentare.  

l.amato@luedi.it

 

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