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Il presidente del Consiglio Mario Draghi

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NON ci sarà governo all’infuori di questo, almeno per il resto della legislatura. Né ci sarà un rimpasto di governo. Ma è tutto molto labile, sfuggente. Tranne il fatto che Mario Draghi è molto deciso a smontare di sella al termine. Forse l’amarezza per l’ultima scivolata su un terreno franoso. «Questo – ha detto il presidente del Consiglio – è l’ultimo governo di legislatura in cui sono premier». E siccome le sfumature possono lasciare  talvolta il posto a interpretazioni, ha quindi aggiunto: «Non sono disposto a guidare un governo con un’altra maggioranza».

«NESSUNA PRESSIONE SUI PARTITI»

La bufera dell’altro ieri è passata senza fare danni. Ma qualcosa ha lasciato sul terreno, se Draghi ha sentito il bisogno di convocare una conferenza stampa al termine di un Consiglio dei ministri assai delicato (per discutere di provvedimenti sullo Ius Scholae e sulla Cannabis). Maliziosamente si indicano questi due obiettivi, che Lega e Pd vorrebbero nei primi numeri dell’agenda, come il prossimo punto d’arrivo della battaglia. Draghi vuole parlare dei risultati economici che sono stati fin qui raggiunti, ben 45 obiettivi del Pnrr, ma sembra quasi che siano negati da un ente superiore. Nessuno ne parla più di tanto.

Draghi arriva alla conferenza stampa dichiarando di essere molto soddisfatto, così come aveva fatto l’altro giorno a Madrid durante la conferenza stampa. Gli preme dire che tutte le scadenze rispettate del piano Pnrr ammantano di serietà e di credibilità l’Italia. E ha aggiunto di essere «ancora ottimista perché l’interesse nazionale e degli italiani è preminente. Il governo è stato formato per fare e questa è la condizione per fare. Il governo non si fa senza i 5 stelle, questa è la mia opinione».

Di Conte non vuole parlare. Anche se ammette di averlo sentito mercoledì. «E ci siamo scambiati dei messaggi». Poi smentisce: «Non ho mai fatto le dichiarazioni che mi sono state attribuite sui 5 stelle, io non entro nei partiti». Quindi fa quasi una denuncia: «Non capisco il motivo di tirarmi dentro. Dicono che ci sono riscontri oggettivi, vediamoli». Affronta gli argomenti del gas e degli stoccaggi, «Confidiamo di arrivare all’obiettivo prefissato entro novembre».    

Il cuore del problema ha riguardato la presunta richiesta del premier a Beppe Grillo per escludere Conte. Una sollecitazione che ha fatto insorgere l’emiciclo anche se la notizia è stata più volte smentita provocando il disappunto di Draghi.

DI MAIO SCARICA SUGLI “IRRESPONSABILI”

Dal Quirinale non emergono dettagli e particolari, facendo riferimento alla tradizione secondo cui al Colle si sale non per annunciare crisi di governo ma per affrontare determinati fatti che hanno provocato frizioni tra le forze politiche. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha scaricato le responsabilità su «irresponsabili che minacciano la tenuta del governo».

Non si sa esattamente a chi si riferisce (c’è chi dice a Beppe Grillo), ma il responsabile della Farnesina ha sottolineato due cose. Ovvero, che mentre il governo è impegnato in importanti summit internazionali, «non si fa altro che alimentare tensioni con dichiarazioni surreali che minacciano chiaramente la tenuta dell’esecutivo».  Inoltre, secondo Di Maio, «queste dinamiche rischiano soltanto di indebolire la credibilità dell’Italia». Una credibilità che rischia di evaporare all’improvviso per il capriccio politico di qualcuno. Ma ci fanno sfuggire di mano «il raggiungimento di importanti obiettivi, come il tetto massimo al prezzo del gas e farci perdere i fondi del Pnrr». E conclude bacchettando: «Non si può essere responsabili solo la domenica, creando tensioni e instabilità per il resto della settimana». Mentre invece si dovrebbe mettere al primo posto l’interesse del Paese. Con postilla finale. «Uno spettacolo indecoroso”. Conte ha comunque confermato che non è intenzionato a uscire dal governo e a dare un appoggio esterno, «mi baso su questo».

PRIMA AL COLLE POI IN CDM

Ma ieri mattina Draghi si è recato al Quirinale per incontrare il presidente Sergio Mattarella. Il premier è salito al Colle per riferire sugli ultimi appuntamenti internazionali, G7 e vertice Nato. Quindi si è tenuto un Consiglio dei ministri per approvare un decreto per il contenimento dei costi dell’energia elettrica e del gas e per garantire la liquidità delle imprese.

Il risultato delle polemiche è stato che lo Ius Scholae e il provvedimento sulla Cannabis sono slittati alla prossima settimana. L’assemblea, su richiesta di Emanuele Fiano del Pd, ha votato a favore del rinvio di tutti i provvedimenti iscritti nell’ordine del giorno, nuove norme sulla cittadinanza e sulla disciplina degli stupefacenti. Contro la richiesta si è schierato Fratelli d’Italia  (deputata Wanda Ferro), a favore invece la Lega che ha ripetuto quanto afferma lo stato maggiore dei due partiti. Lo Ius Scholae  per la Lega non è  assolutamente «una priorità per il nostro Paese».

La votazione procedurale, ha comunicato il vice presidente Fabio Rampelli, si è conclusa con l’approvazione da parte dell’Assemblea per 206 voti di differenza. «Io vorrei che Giorgia Meloni guardasse in faccia le bambine e i bambini – ha commentato Valeria Fedeli del Pd –  che immagino frequentino la stessa scuola dell’infanzia di sua figlia perché cresceranno anche con sua figlia. Non capisco perché debba dire che è ideologico il fatto che loro siano qui e abbiano questo diritto, avendo fatto un certo percorso. Voglio dire chiaro, Giorgia Meloni è razzista perché sta discriminando».


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